Di Alberto Musico Rosella su Sabato, 11 Agosto 2018
Categoria: Business

S.C.: Presunzione distribuzione utili ristretta base azionaria, recesso del socio nel corso del periodo d’imposta - Illegittimità accertamento.

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 20126, depositata lo scorso 30.07.2018, ha affrontato la problematica relativa l'operatività della presunzione, di derivazione meramente giurisprudenziale, relativa alla distribuzione di maggior utili accertati in capo ad una società di capitale ai soci della stessa.

Oramai, per come rinvenibile nelle decisioni dei giudici di legittimità, è consolidato l'orientamento che ritiene legittima la detta presunzione per le società di capitali a ristretta base azionaria, effettuata ai soci in proporzione alla loro quota di partecipazione al Capitale Sociale.

Ebbene, tale presunzione, di tipo relativo, è soggetta comunque a dei limiti soprattutto quando nel corso del periodo d'imposta si siano verificati mutamenti nella omposizione della compagie sociale.

La fattispecie affronatata nell'ordinanza in commento, attiene ad un fattisoecie paricolare e per la precisione, per quanto è dato apprendere dalle lettura del dispositivo, a seguito di un accerameno posto in essere dall'A.E. nei confronti della società di capitali, erano stati emessi nei confronti dei soci gli avvisi di accertamento con i quali il fisco aveva accertato, in proporzione alla loro quata di partecipazione al C.S., un maggiore reddito personale da sottoporre a tassazione.

Uno dei soci, che aveva ceduto la propia quota di partecipazione nel corso del periodo d'imposta accertato, proponeva ricorso ritenendo illegittimo l'operato dell'Ufficio, ricorso che veniva respinto in primo grado ed accolto in appello.

L'agenzia delle entrate quindi proponeva ricorso per cassazione chiedendo la riforma della sentenza di secondo evidenziando, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che la commissione tributaria avesse errato nell'applicare il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 nonchè l'art. 2697 c.c., superando la presunzione di attribuzione degli utili ai soci in proporzione delle rispettive quote di partecipazione alla società e in correlazione con il loro formarsi, senza che il contribuente avesse dimostrato che gli utili non erano stati distribuiti, e dando rilievo al fatto che il socio non era più socio al termine dell'anno e non era mai stato amministratore della società; Il contribuente resiste con controricorso illustrato con memoria;

I giudici nel rigettare il ricorso dell'Agenzia delle Entrate hanno evidenziato un importante principio in base al quale: "qualora nel corso di un esercizio sociale di una società di persone si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale, con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i redditi della società devono essere imputati, ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 esclusivamente al contribuente che sia socio al momento della approvazione del rendiconto(e, quindi, al socio subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della rispettiva durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell'esercizio", in quanto, "una siffatta semplicistica ripartizione alla stregua del periodo di partecipazione non corrisponde necessariamente alla produzione del reddito da parte della società nei vari periodi, (produzione non continua nè uniforme nel tempo, e quindi insuscettibile di essere in tale misura frazionata), mentre secondo i principi civilistici in tema di ripartizione degli utili nelle società di persone - cui la disciplina tributaria coerentemente si uniforma - il diritto agli utili matura solo con l'approvazione del rendiconto" (Cass. 19238 del 16 dicembre 2003; Cass. 8423 del 15 ottobre 1994);"

Vertendo la causa non di utili risultanti da bilancio ma di utili extrabilancio, riteneva pertanto che non fosse giustificabile la imputazione del maggior reddito societario, ai soci receduti in corso d'anno, in rapporto al periodo di partecipazione, posto che la maturazione del reddito da parte della società non avviene necessariamente secondo un criterio costante ed uniforme nel tempo; nè gli elementi forniti dall'amministrazione finanziaria sono stati ritenuti idonei, dal giudice di merito, a fornire l'opposta dimostrazione della effettiva e specifica imputabilità al socio del maggior reddito contestatogli;

Quindi, nella misura in cui venga accertato un maggior reddito ad una società di capitali, a ristretta base azionaria, e nella quale uno dei soci sia receduto nel corso del periodo d'imposta non è leggittima la ripartizione del maggior utilie accertato in capo al socio recedente in proporzione alla durata della partecipazione contando invece la qualità di socio al momento dellìapprovazione del rendicondo relativo al detto periodo.