Di Elsa Sapienza su Venerdì, 21 Luglio 2023
Categoria: Famiglia e Conflitti

Rinuncia della madre al mantenimento del figlio e reato del padre.

 L'assegno di mantenimento costituisce un obbligo per ogni genitore e l'eventuale rinuncia anche per iscritto da parte della madre non basta a liberare il padre, il quale rischia la relativa condanna.

Questo quanto accaduto ad un genitore condannato ex articolo 570, secondo comma, n. 2, c.p. che faceva ricorso basandolo sull'esistenza di un patto siglato con la moglie.

Per la giurisprudenza civile di legittimità, un accordo siffatto, avente ad oggetto l'adempimento di un obbligo ex lege ed in cui l'autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo di regolare le modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta, non può spingersi sino a compromettere l'interesse morale e materiale della prole (Cass. n. 663/2022).

Il minore, come sottolineato dalla Corte di appello, ha diritto al mantenimento ed un patto non può spingersi sino al punto di privarlo del suo diritto, essendo il negozio privato concluso vincolante solo tra le parti ma non tale da legittimare condotte omissive tese a ledere il diritto del minore al conseguimento dei necessari mezzi di sussistenza.

 Non si tratta, allora, di accertare se la rinuncia della madre del minore a ricevere la somma di cento euro determinata dal Giudice civile faccia venir meno l'elemento soggettivo in ordine al delitto di cui all'art. 570, secondo comma, n. 2, cod. pen., quanto, piuttosto, di ribadire come tale rinuncia non faccia venir meno il distinto ed autonomo dovere del genitore di provvedere al mantenimento del figlio.

Pertanto, la contestazione formulata verso il genitore è chiara e non attiene al reato non contestato riguardante l'aspetto connesso all'inadempimento della decisione del giudice  di corrispondere la cifra di euro cento in favore del minore, fattispecie che se violata rileva ai fini della integrazione di cui all'art. 570-bis cod. pen.;

piuttosto, rileva la differente ipotesi prevista dall'art. 570, secondo comma, n. 2, cod. pen., che punisce la condotta di chi fa mancare i mezzi di sussistenza in favore del discendente minore di età.

 Si tratta di un'obbligazione avente natura legale, che incombe su entrambi i genitori e conclude la Suprema Corte rigettando il ricorso, nessun accordo potrà mai far venir meno l'integrazione del reato allorché la condotta omissiva abbia in concreto fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore, risultato che rende indifferente la previsione di accordi negoziali tra le parti o provvedimenti del giudice che ne definisce i contorni.

Ma vi è di più perché il mancato    adempimento dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli economicamente non autonomi, è reato perseguibile d'ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l'adempimento integrale dell'obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l'omissione si è protratta anche dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio.

A tal proposito si ricorda la sentenza 4 settembre 2019, n. 37090 con cui la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore Generale, ha escluso la possibilità di estinzione del reato di mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento a favore dei figli attraverso la remissione di querela ricordando che si tratta di reato procedibile d'ufficio.

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