Di Rosalba Sblendorio su Mercoledì, 18 Luglio 2018
Categoria: Il caso del giorno 2018-2019 - diritto di famiglia e minorile

Rifiuto del figlio di aiutare la madre in stato di bisogno: responsabilità e diseredazione

Inquadramento normativo: art.433 c.c.; Art. 463 c.c., 536 co.1 c.c., Art. 591 c.p.

L'obbligazione degli alimenti. Il figlio, dal punto di vista civile, è obbligato ad aiutare la madre in stato di bisogno. Ma vediamo perché. Il codice civile prevede che sussiste l'obbligo degli alimenti nei seguenti casi:

Questa obbligazione ha carattere patrimoniale.

Soggetti obbligati: I soggetti tenuti all'obbligazione degli alimenti sono nell'ordine: 1) il coniuge; 2) i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali; 3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti; 4) i generi e le nuore; 5) il suocero e la suocera; 6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali. Questi soggetti sono obbligati in ordine gerarchico e in relazione all'intensità del vincolo di parentela che li lega al soggetto bisognoso. Qualora i soggetti obbligati sono più di uno e hanno lo stesso grado di parentela con l'avente diritto, ciascuno è tenuto in base alle proprie capacità economiche.

Responsabilità penale: Dal punto di vista penale, è previsto che chi abbandona una persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia, per vecchiaia o per altra causa, e della quale abbia la custodia o della quale debba averne cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Per abbandono si intende qualsiasi azione o omissione contraria agli obblighi di cura e custodia e che mette in pericolo, anche potenzialmente, la persona che non è in grado di provvedere a se stessa. 

L'abbandono costituisce un fatto ancora più grave se è il frutto di una condotta posta in essere da determinati soggetti, quali ad es. il genitore, il figlio o il coniuge. Per questo tipo di reato, è sufficiente il dolo generico, ossia è sufficiente la coscienza e volontà del fatto tipico previsto dalla norma.

Conclusioni: Da quanto sin qui detto, appare evidente che sussiste:

La diseredazione del figlio. Una madre, qualora il figlio si sia rifiutato di accudirla, non potrà diseredarlo. La diseredazione di un figlio, infatti, non è attualmente valida e ciò in considerazione del fatto che il figlio rientra tra i soggetti legittimari. Ma vediamo nel dettaglio la questione della diseredazione del figlio.

Focus: Legittimari sono i familiari più vicini al defunto, quali il coniuge, i figli e gli ascendenti. Essere legittimari comporta che, ai fini della successione mortis causa, a tali soggetti è riservata una quota di valore sulla massa ereditaria, definita quota di legittima. Ne consegue che se il defunto, dispone una clausola testamentaria di esclusione dalla successione di un legittimario, quest'ultimo ha diritto ad esperire l'azione di riduzione per ottenere la reintegrazione della propria quota.

 Tipi di diseredazione. La diseredazione è una clausola testamentaria con cui il defunto manifesta la sua volontà di escludere dalla successione alcuni tra i suoi eredi. La diseredazione non è regolata da norme specifiche, ma è oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale. In particolare esistono tre tipi di diseredazione:

Casistica: I primi due tipi di diseredazione sono ritenuti ammissibili dalla giurisprudenza (Cass.1458/1967; Cass.1217/1975; Cass.5895/1994), mentre il terzo tipo è stato inizialmente ritenuto valido solo se accompagnato da una disposizione che prevedesse l'attribuzione dei beni del testatore e quindi l'indicazione implicita di altri successibili legittimi. Attualmente, invece, è ritenuta valida la clausola testamentaria di diseredazione meramente negativa se il testatore abbia voluto escludere dalla successione alcuni eredi legittimi, purché non questi non siano legittimari (Cass. n.8352/2012). In ogni caso, la diseredazione, ove ritenuta valida, produce effetti solo nei confronti del diseredato, con l'ovvia conseguenza che in presenza di una clausola testamentaria di disederazione, questa non esclude l'operatività della rappresentazione a favore dei discendenti del diseredato, ossia il subentro di questi ultimi in luogo del diseredato (Cass. 6339/1982, Cass.11195/1996).

Conclusioni: Da quanto sin qui detto, risulta evidente che la diseredazione di un figlio, erede legittimario, non è attualmente valida. E ciò anche se il figlio sia responsabile civilmente e penalmente nel senso suindicato. L'eventuale diseredazione di un figlio, infatti,  non escluderebbe né il diritto di quest'ultimo alla quota di legittima né la successione dei suoi discendenti per rappresentazione.  

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