Di Carmela Patrizia Spadaro su Mercoledì, 20 Febbraio 2019
Categoria: Legge e Diritto

Reato tributario di occultamento e distruzione di documenti e scritture contabili

Riferimenti normativi: Art.10 D.Lgs. n.74/2000

Focus: La mancanza di scritture contabili costituisce uno dei presupposti che consente all'Amministrazione finanziaria di determinare il reddito del contribuente tramite accertamento. Tali scritture, infatti, hanno una funzione di tutela dei creditori, tra cui l'Erario, in quanto la loro conservazione consente o agevola la rilevazione e comprensione del movimento di affari e del reddito di impresa, nonché il rinvenimento delle tracce dell'eventuale reato tributario.Il reato, in buona sostanza, si realizza solo in quanto la documentazione in questione è stata istituita e sia dimostrativa della produzione di un certo reddito.

Principi generali: La semplice omessa tenuta dei registri contabili non costituisce illecito penale tributario bensì integra il solo illecito amministrativo di cui all'art. 9 D.Lgs.n.471/1997. A differenza dell'omissione, occorre la preesistente tenuta delle scritture contabili affinché possa configurarsi il reato di cui all'art.10 del D.Lgs.n.74/2000. In tal caso, infatti, l'occultamento o distruzione delle scritture contabili preesistenti, o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, sono condotte sanzionate quando dalle stesse deriva l'impossibilità di ricostruire i redditi ed il volume di affari.

Presupposti del reato: L'occultamento consiste nel nascondere material-mente le scritture.La distruzione consiste nell'eliminazione fisica, in tutto o in parte, delle scritture, o nel renderle illeggibili, quindi, non idonee all'uso, tramite abrasioni, cancellature o altro. Non assume rilevanza penale, invece, il semplice rifiuto della consegna delle scritture all'Amministrazione finanziaria, che, nel caso in cui non si traduca in un loro mancato rinvenimento, è sanzionato solo in via amministrativa. Né, alla stessa stregua, la conservazione delle scritture in luogo diverso da quello indicato all'Amministrazione (art.35 D.P.R.n.633/72), a meno che le scritture siano portate in luoghi che ne escludono il ritrovamento, determinandone in sostanza il loro occultamento.

Responsabilità penale del contribuente: " Il reato mira a reprimere le condotte poste in essere da chiunque provvede volutamente alla sottrazione o all'occultamento delle scritture contabili preesistenti, la cui conservazione è obbligatoria, secondo la normativa fiscale o civilistica, ex art.2214 c.c., al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, o di consentire l'evasione a terzi (Cass., sent. n.26247/2018)".<< Il reato è punibile anche quando l'organo ispettivo riesca a ricostruire i redditi e il volume d'affari dell'imputato partendo dalle risposte ai questionari inviati alle imprese sue clienti/fornitrici>>. Esso è escluso solo quando il risultato economico delle operazioni poste in essere possa essere utilmente accertato in base ad altra documentazione conservata presso l'imprenditore senza necessità di reperire ulteriori elementi di prova (Cass., sez. III, sent. n.41237 del 25/09/2018).

Accertamento tributario e prescrizione del reato di occultamento scrit-ture contabili: è il tema affrontato da recente giurisprudenza della Corte di cassazione. 

La Suprema Corte, con sent. n.3571 del 25 gennaio 2019si è pronunciata sulla prescrizione del reato contestato, ex art.10 D.Lgs.n.74/2000, al titolare di una ditta individuale operante nell'edilizia.La controversia, nella fattispecie, è sorta da un accertamento tributario induttivo, eseguito il 30 giugno 2011, nei confronti del titolare di una ditta individuale, avente ad oggetto il volume di affari prodotto negli anni dal 2005 al 2011. Dall'accertamento è risultato che egli non era stato in grado di produrre alcuna documentazione contabile relativa gli anni in questione. Tuttavia, essendo state, comunque, acquisite le fatture comprovanti i rapporti commerciali intercorsi tra l'imprenditore e soggetti terzi, era stato possibile ricostruire il volume d'affari che aveva sviluppato negli anni 2005 e 2006. La mancata produzione di documentazione, pur limitata a due anni, è stata interpretata dalla corte territoriale come elemento di prova dell'occultamento della documentazione in questione per tutti gli anni accertati, pur non essendo emersi elementi atti a dimostrare l'esistenza della documentazione contabile, di cui al capo di imputazione, per gli anni successivi al 2006. La Suprema Corte ha ritenuto legittima la condanna del titolare di impresa individuale per tutti gli anni di imposta accertati dal 2005 al 2011 in quanto: "La commissione del reato è scissa dal riferimento ad uno specifico periodo di imposta".

Il fatto che la documentazione distrutta o occultata sia riferita ad un solo anno di imposta ovvero a più anni è fattore che non incide sulla oggettività del delitto: "di tal che è cosa irrilevante che la documentazione occultata o distrutta si riferisca ad uno solo ovvero a più anni di imposta, atteso che il perfezionamento del reato si ha con la realizzazione della condotta descritta dal legislatore come vietata".Tuttavia, in merito alla doglianza del ricorrente circa la prescrizione dell'illecito de quo, dovendosi limitare a suo dire l'ambito temporale dei reati commessi alle sole due annualità 2005 e 2006, il giudice di legittimità ha precisato che, a differenza della distruzione che realizza un'ipotesi di reato istantaneo, il quale si consuma al momento della soppressione della documentazione, l'occultamento - che consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori - costituisce un reato permanente che si consuma nel momento in cui viene svolto l'accertamento, e cioè sino al momento in cui gli agenti hanno interesse ad esaminare detta documentazione (Cass. Sez. III penale, n. 14461/2017; idem Sezione III penale, n. 13716/2006). Affinché, quindi, possa dirsi commesso il reato in questione non va attribuita rilevanza alcuna al momento in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi relativa all'anno di imposta cui era pertinente la documentazione non rinvenuta in sede di verifica fiscale.

Pertanto, << nulla avendo allegato il ricorrente in ordine alla avvenuta distruzione della documentazione in questione e, tantomeno, in ordine alla epoca in cui tale operazione potrebbe essere stata eseguita>>, deve ritenersi sussistere il reato sino al momento in cui è stata completata la verifica nel corso della quale era stata chiesta l'esibizione della documentazione de qua, cioè, con riferimento alla fattispecie, sino al 30 giugno 2011. La Corte di Cassazione ha perciò rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali, ritenendo che il reato de quo - considerata la durata pari a sette anni e sei mesi del relativo termine in presenza di fattori interruttivi del suo decorso - al momento in cui è stata emessa la sentenza di gravame, cioè al 7 dicembre 2017, non era ancora estinto per prescrizione.

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