Con l'ordinanza n. 227/22 la Corte Costituzionale ha restituito gli atti alla prima sezione penale della Corte di Cassazione, affinché valuti la portata applicativa del d.l. 162 del 2022 sulla questione di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis, co. 1 e 58-ter della L. 26 luglio 1975, n. 354, nonché dell'art. 2 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 1991, n. 203, sollevata dal giudice rimettente con ordinanza depositata il 18 giugno 2020.
A fondamento della decisione, l'osservazione secondo cui il nuovo decreto, pubblicato sulla gazzetta ufficiale il 31 ottobre 2022 ed entrato in vigore in pari data, incida sulle disposizioni oggetto del giudizio di legittimità, trasformando, da assoluta, in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che, secondo il nuovo co. 1 bis dell'art. 4 bis ordinamento penitenziario, vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo.
Con il provvedimento dell'8 novembre scorso, la Consulta, anche se solo indirettamente - e salvo differenti profili di illegittimità costituzionale che potranno essere ravvisati - ha manifestato di ritenere conforme al dettato costituzionale la nuova norma sui reati ostativi introdotta qualche settimana fa dal nuovo esecutivo e tanto aspramente criticata da più parti.
L'innalzamento del numero degli anni di pena da espiare in carcere prima di poter accedere alle misure alternative (dai precedenti ventisei agli attuali trenta) e l'introduzione di presupposti più stringenti per l'accesso alle misure alternative da parte dei detenuti che hanno commesso i c.d. reati ostativi (risarcimento del danno, pagamento della pena pecuniaria, entrambi in misura integrale, salvo prova dell'assoluta impossibilità economica, onere di fornire la prova della dissociazione dal sodalizio mafioso), sono aspetti che, secondo quanto trapela dall'ordinanza in oggetto, non contrastano con il dettato costituzionale, perché è ragionevole ritenere che rispetto a reati di particolare allarme sociale, la decisione di concedere la misura alternativa al detenuto debba essere valutata con maggiore prudenza.
L'aspetto che, invece, poneva la precedente normativa in stridente contrasto con la Costituzione, secondo quanto si legge dall'ordinanza, era l'impossibilità, per il detenuto, di fornire la prova contraria alla presunzione di pericolosità in caso di reato ostativo, salvo che lo stesso non avesse deciso di collaborare con la giustizia o avesse fornito la prova della impossibilità o dell'assoluta irrilevanza di tale collaborazione.
Tale impossibilità, infatti, attribuiva una carattere assoluto alla presunzione di pericolosità ostativa dei benefici di legge che contrastava con la funzione rieducativa della pena e, dunque, con l'art. 27 della Costituzione.
In sintesi, l'aver trasformato, da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, costituisce, secondo la Consulta, un elemento di novità che ha reso la regolamentazione dell'istituto più conforme ai principi della Costituzione.
Dunque il d.l. n. 162/2022, demonizzato, criticato e contestato prima ancora di essere stato pubblicato in gazzetta ufficiale, almeno per il momento, a detta della Consulta, non presenta alcun profilo di illegittimità.