L'avvocato nell'esercizio della professione forense deve mettere a disposizione del cliente le somme riscosse per conto di quest'ultimo e deve rendergliene conto. In mancanza, la condotta del professionista sarà rilevante sul piano deontologico, «a prescindere dalla sussistenza o meno di eventuali rilievi della condotta stessa dal punto di vista penalistico (appropriazione indebita) o civilistico (compensazione)». E ciò in considerazione del fatto che «l'ordinamento forense, è solo in minima parte influenzato dagli altri, avendo nella propria autonomia meccanismi diversi per valutare il disvalore attribuito alla condotta e la sua gravità. Infatti, le ragioni e i principi che presiedono al procedimento disciplinare hanno ontologia diversa rispetto a quelli che attengono al governo dei diritti soggettivi, riguardando la condotta del professionista quale delineata attraverso l'elaborazione del codice deontologico forense e quale risultante dal dovere di correttezza e lealtà che deve informare il comportamento dello stesso; diversi sono i presupposti e le finalità che sottendono all'esercizio disciplinare e che con il provvedimento amministrativo si perseguono; diversa è l'esigenza di moralità che è tutelata nell'ambito professionale. L'illiceità disciplinare del comportamento posto in essere dal professionista deve, pertanto, essere valutata solo in relazione alla sua idoneità a ledere la dignità e il decoro professionale, a nulla rilevando l'eventualità che tali comportamenti non siano configurabili anche come illeciti civili o penali» (CNF, sentenza n. 235/2017).
Ciò premesso, vediamo quando l'avvocato che trattiene le somme incassate per conto del cliente a titolo di compensazione di onorari, non commette illecito disciplinare [1].
La compensazione e la sua liceità
Il comportamento dell'avvocato che trattiene le somme incassate per conto della parte assistita a titolo di compensazione è lecito:
- se sussiste il consenso del cliente. Un consenso che deve essere prestato in modo specifico, dettagliato (dovendo egli conoscere l'esatto contenuto dell'obbligazione) (CNF, sentenza n. 35/2020) ed espresso (quindi consapevole e mai per facta concludentia) (CNF, sentenza n. 41/2020). In buona sostanza, il consenso dell'avente diritto costituisce elemento costitutivo della liceità della compensazione «in ordine alla cui sussistenza il professionista deve fornire la prova certa, oggettiva e verificabile, versando, in caso contrario, nella censurabile condizione di avere trattenuto illegittimamente le somme percepite nell'interesse della parte assistita. Va, oltretutto, rilevato che il professionista che si avvale della compensazione non è esonerato dall'obbligo di rendiconto, ma deve anzi – e a maggior ragione – fornire il rendiconto puntuale delle somme incassate per conto del cliente e il dettaglio dei crediti professionali che intende portare in compensazione» (CNF, sentenza n. 117/2009).
- quando la compensazione ha ad oggetto somme liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo di onorari e l'avvocato non le abbia ancora ricevute dalla parte assistita. Anche in questi casi non viene meno il dovere di rendiconto che dovrà essere più puntuale e dettagliato proprio in virtù della coesistenza di reciproci rapporti di debito e credito (CNF, sentenza n. 2/2017);
- «quando l'avvocato ha già formulato una richiesta di pagamento del proprio compenso espressamente accettata dal cliente».
Da quanto premesso, ne discende che l'avvocato che trattiene le somme riscosse per conto del cliente, compensando in modo improprio e senza il consenso della parte assistita porrà in essere un comportamento perseguibile sul piano disciplinare (CDD Bologna, decisione n. 50/2017) [1];
Si ritiene che «pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che trattenga somme a compensazione di onorari e si offra di avallare un'obbligazione cambiaria assunta dal proprio cliente, che poi non onori esponendosi a una esecuzione forzata» (C.d.O. di Brescia, 10 gennaio 1995).
Note
[1] Art. 31 codice deontologico forense
«1. L'avvocato deve mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto della stessa. 2. L'avvocato ha diritto di trattenere le somme da chiunque ricevute a rimborso delle anticipazioni sostenute, con obbligo di darne avviso al cliente. 3. L'avvocato ha diritto di trattenere le somme da chiunque ricevute imputandole a titolo di compenso: a) quando vi sia il consenso del cliente e della parte assistita; b) quando si tratti di somme liquidate giudizialmente a titolo di compenso a carico della controparte e l'avvocato non le abbia già ricevute dal cliente o dalla parte assistita; c) quando abbia già formulato una richiesta di pagamento del proprio compenso espressamente accettata dal cliente. 4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da uno a tre anni. La violazione del dovere di cui al comma 2 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura».