Di Rosalba Sblendorio su Venerdì, 05 Aprile 2019
Categoria: Giurisprudenza TAR

Provvedimento scioglimento organi comunali, Tar Lazio: nullo se mancano i presupposti di insieme

 Con sentenza n. 3101 dell'8 marzo 2019, il Tar Lazio ha annullato il decreto del Prefetto e tutti gli atti a esso presupposti e connessi, con cui è stato disposto lo scioglimento degli organi del comune per sospetto di collegamenti con la criminalità organizzata. Ad avviso dei Giudici amministrativi per disporre il su citato scioglimento occorre la presenza di univocità e concretezza degli elementi indicativi dell'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, tali da non lasciar alcun dubbio sulla compromissione del buon andamento o dell'imparzialità delle amministrazioni comunali tese "a favorire o a non contrastare la penetrazione della suddetta criminalità nell'apparato amministrativo".

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione del Tar.

I fatti di causa.

Il ricorrente, sindaco, ha agito dinanzi ai Giudici amministrativi al fine di impugnare i) il decreto prefettizio che ha disposto lo scioglimento di tutti gli organi del Comune e ii) gli atti a tale decreto connessi e presupposti. In buona sostanza, egli lamenta l'«insussistenza dei presupposti ai quali l'art. 143 del D.Lgs. n. 167/2000 subordina l'emanazione del provvedimento impugnato, per l'assenza, nel caso di specie, di "concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata"».

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dai Giudici aditi.

La decisione del Tar.

Innanzitutto, il Tar Lazio parte dall'esame della normativa applicabile al caso in esame, ossia l'art. 143 D.Lgs. n. 267/2000. Secondo questa disposizione: 

Chiarita la questione della normativa applicabile al caso in esame, i Giudici amministrativi evidenziano, da un lato, che lo scioglimento degli organi del Comune è misura di carattere "straordinario" in quanto tesa a fronteggiare un'emergenza "straordinaria", dall'altro il fatto che per giungere a tale decisione il relativo procedimento è connotato dall'esercizio di un ampio potere discrezionale da parte della pubblica amministrazione. In buona sostanza, quest'ultima deve valutare se sussistono gli elementi di collegamenti diretti o indiretti su indicati.

 Tale valutazione, però, non deve concentrarsi su singoli addebiti personali, ma deve andare oltre, ossia deve vertere «sulla condotta, attiva od omissiva, condizionata dalla criminalità anche in quanto subita, riscontrata dall'amministrazione competente», tale «da rendere pregiudizievole per i legittimi interessi della comunità locale il permanere alla sua guida degli organi elettivi». D'altro canto, dallo stesso art. 143 innanzi enunciato si evince che le risultanze dell'indagine devono chiaramente far emergere significative forme di condizionamento dell'amministrazione in ordine a collusioni e ad altri comportamenti connessi alla criminalità organizzata non riferiti a singoli fatti ed episodi, ma considerati nel loro insieme. Una considerazione, questa, che non viene meno neppure in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio interessato (C. Stato, IV, 6 aprile 2005, n. 1573; 4 febbraio 2003, n. 562; V, 22 marzo 1998, n. 319; 3 febbraio 2000, n. 585). Orbene, tornando al caso di specie, in esso:

Ne consegue, a parere del Tar, che mancando tali elementi, la misura di cui all'art. 143 su citato, sebbene configurabile come un provvedimento di tipo preventivo e non sanzionatorio, risulta, nella questione in esame, il frutto di una valutazione illegittima. Un'illegittimità non colmabile neanche facendo riferimento al contesto territoriale che, come detto, «nulla dice, di per sé, in ordine all'eventuale collegamento esistente tra gli amministratori di un determinato comune e la criminalità organizzata».

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici amministrativi hanno accolto il ricorso e annullato i provvedimenti impugnati.

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