Di Rosalba Sblendorio su Sabato, 24 Novembre 2018
Categoria: Il caso del giorno 2018-2019 - diritto tecnico

Provvedimento di riclassamento immobili: carente di motivazione se non chiari elementi che hanno inciso sul diverso classamento

Con ordinanza n. 30160 del 21 novembre 2018, la Corte di Cassazione ha affermato che ai fini dell'adozione di un provvedimento di riclassamento di immobili, non è sufficiente motivarlo facendo riferimento solo i) allo scostamento tra il rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata e quello sussistente nell'insieme delle microzone comunali, ii) ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento. E ciò soprattutto ove da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l'immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l'unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, abbiano inciso sul diverso classamento (Sez. 5, n. 22900 del 29/09/2017; Sez. 6-5, n.3156 del 17/02/2015). Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione dei Giudici di legittimità. L'Agenzia delle Entrate ha emanato un avviso di accertamento ex art. 1 comma 335 Legge n. 311/2004, per estimi catastali in relazione ad un'unità immobiliare, per la quale è stata effettuata una revisione parziale del classamento ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili. Tale avviso, impugnato dal destinatario, è stato ritenuto carente di motivazione. Secondo la Commissione Tributaria, infatti, la motivazione va valutata necessariamente in relazione ai singoli atti di classamento e nella fattispecie si appalesa:

Così il caso è giunto dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. È opportuno, innanzitutto, evidenziare che dall'esame dell'art. 1, comma 335, Legge n. 311/2004, si evince che la revisione parziale di classamento di immobili di proprietà privata ha come presupposto fattuale l'esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e quello tra i valori medi dell'insieme delle microzone comunali.  

Sulla base di tale scostamento, ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, la revisione è richiesta agli uffici competenti dell'Agenzia del territorio. Quest'ultima, esaminata la richiesta e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell'Agenzia medesima. Da tale disposizione emerge con chiarezza che l'amministrazione non ha poteri discrezionali in merito alla revisione del classamento. Essa deve limitarsi semplicemente a verificare la sussistenza dei presupposti in base a quanto disposto dall'art. 9 D.P.R. n. 138/1998. In forza di questa norma, i valori medi della zona di riferimento e delle microzone comunali sono determinati, tenendo conto di una serie di elementi, quali il contesto in cui l'immobile è inserito, il livello delle qualità urbane e ambientali di ciascuna microzona, le caratteristiche edilizie dell'immobile stesso. Questo sta a significare che dal provvedimento di riclassamento detti elementi devono risultare, non potendo l'atto limitarsi solo a richiamare:

E ciò soprattutto ove questi ultimi atti non indichino i presupposti che, in concreto, hanno determinato il diverso classamento (Cass., Sez. 5, n. 22900 del 29/09/2017; Sez. 6-5, n. 3156 del 17/02/2015). Un'omissione di tal genere renderebbe il provvedimento di riclassamento carente della motivazione e si configurerebbe in un atto compiuto in violazione dell'art. 7 Legge n. 212/2000.

Secondo quest'ultima norma citata, gli atti dell'amministrazione finanziaria devono essere motivati e devono indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama. Da tanto appare evidente come la motivazione costituisce un obbligo in capo all'amministrazione che non può essere disatteso. E ciò a maggior ragione ove gli atti amministrativi abbiano ad oggetto il riclassamento. In punto, la Corte Costituzionale ha affermato che l'obbligo di motivazione nel senso su indicato, nei casi di rilcassamento di un immobile, è più enfatizzato rispetto ad altri ambiti per la natura e le modalità di questo tipo di operazione. In buona sostanza quella del riclassamento è un'operazione dal carattere "diffuso" e in tale ottica l'obbligo di motivazione dell'atto che la determina "deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento" (Corte cost., n. 249/2017). In queste ipotesi, è evidente che quello che viene richiesto alla pubblica amministrazione è una atto specifico e puntuale. Orbene, tornando al caso in esame, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che l'avviso impugnato manchi dell'indicazione degli elementi su richiamati tanto da essere in contrasto con l'art. 7 innanzi menzionato. Tale carenza determina l'infondatezza delle doglianze dell'amministrazione e rende condivisibile la decisione della Commissione Tributaria, il cui iter logico-giuridico seguito appare ben argomentato. Alla luce di quanto sin qui detto, pertanto, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza impugnata. 

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