Inquadramento normativo: art. 115 c.p.c.; art. 244 c.p.c.; art. 281 ter c.p.c.
Modalità di deduzione delle prova testimoniale: Come tutti i mezzi di prova, in linea di principio anche la prova testimoniale ricade sotto la disponibilità delle parti; infatti secondo l'art.115 c.p.c. "Salvi i casi previsti dalla legge il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita". La richiesta della prova testimoniale deve essere fatta attraverso l'indicazione specifica dei testi nonché dei fatti formulati in articoli separati sui quali ciascuno di essi dovrà essere interrogato.
La preventiva articolazione dei capitoli di prova quale requisito di ammissibilità. La preventiva articolazione dei capitoli di prova svolge la funzione di rendere possibile una valutazione dell'ammissibilità e della rilevanza della prova stessa. Sul punto la giurisprudenza ritiene che "la mancanza di indicazione specifica dei fatti nella deduzione della testimonianza, in quanto requisito di rilevanza della prova, è rilevabile d'ufficio dal giudice e rende inammissibile la testimonianza medesima" (Cass. Civ., n. 1294/2018, richiamata da Cass. Civ. Sez. 3 n. 29841/2018). Solo quando il giudice non ne abbia rilevato la mancanza ed abbia ammesso la prova, diventa decisivo il comportamento della controparte, che può limitarsi a dedurre la prova contraria oppure eccepire la violazione di regole di validità. (Cass. 30 ottobre 2009, n. 23054, richiamata da Cass. Civ. Sez. 3 n. 29841/2018).
La giurisprudenza ha, inoltre, considerato "inammissibile la prova testimoniale dedotta con riferimento alle 'circostanze della pregressa narrativa in fatto...espunto qualunque tipo di elemento valutativo' non articolata su fatti storici precisi e ben determinati, tale da richiedere al giudice un'indebita attività di ripulitura dei fatti e di rimodulazione delle circostanze oggetto di testimonianza" (Tribunale di Palermo, sez. III civ., sentenza 27 ottobre 2020). Quanto all'indagine del giudice di merito sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante, la Suprema Corte di cassazione rileva che tale indagine debba essere condotta non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma anche in correlazione dell'adeguatezza fattuale e temporale delle circostanze articolate, con la conseguenza che la facoltà del giudice di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c. ha natura esclusivamente integrativa e non può tradursi in un'inammissibile sanatoria della genericità e delle deficienze dell'articolazione probatoria (Cass. Civ., n. 14364/18). Il principio generale in base al quale l'onere della prova incombe sulla parte che allega i fatti posti a fondamento della domanda o dell'eccezione, non viene meno nel caso in cui al giudice sia riconosciuto il potere di disporre d'ufficio i mezzi di prova ritenuti necessari, in quanto questo potere non si pone in funzione sostitutiva dell'onere probatorio (Tribunale di Palermo, sez. III civ., sentenza 27 ottobre 2020).
Il potere istruttorio officioso ex art. 281 ter c.p.c.: Un'eccezione al principio secondo il quale sono le parti a proporre al giudice gli elementi di prova su cui basare il proprio convincimento è costituito dalla possibilità prevista dall'art.281 ter c.p.c. a norma del quale: "Il giudice può disporre d'ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti nella esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità".
Questo potere del giudice, limitato alla sola prova testimoniale con esclusione degli altri mezzi di prova, si configura come un potere istruttorio officioso attribuito al giudice monocratico unicamente in chiave sussidiaria, ossia al fine di fornire elementi utili alla decisione, ulteriori rispetto a quelli già articolati e dedotti dalle parti. Pertanto questo potere non può in alcun caso essere esercitato per supplire alla carente allegazione difensiva (Tribunale di Piacenza, sentenza del 27.6.2013, richiamato da Tribunale Lucca, 20 Aprile 2021).
Possibilità di disporre d'ufficio la prova testimoniale e preclusioni istruttorie: La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che il tribunale monocratico non può disporre d'ufficio la prova testimoniale dopo che siano maturate le preclusioni istruttorie a carico delle parti (Tribunale Bari, 27/01/2004; Tribunale Udine, 14/07/2003, richiamati da Tribunale di Piacenza, sentenza del 27.6.2013). Inoltre, anche quando sia disposta d'ufficio la prova testimoniale ex art. 281 ter c.p.c. dopo il maturarsi delle preclusioni, la giurisprudenza precisa che tale potere è ammesso "non per sostituire la parte inerte nella deduzione dei fatti principali, ma per rendere più specifica, completa e precisa la formulazione della prova articolata" (Tribunale Napoli, 30/09/2002, richiamato da Tribunale di Piacenza, sentenza del 27.6.2013). Nel caso in cui sia richiesta al giudice la riformulazione dei capitoli di prova o di disporre d'ufficio la prova testimoniale ex art. 281 ter cpc, ove detta richiesta sia rigettata, il rigetto non potrà costituire una denunzia di violazione dell'art.281 ter c.p.c.. E ciò in considerazione del fatto che l'art. 281 ter cpc deve essere interpretato in modo restrittivo: il potere officioso del Giudice non può supplire alle carenze delle parti. Ne consegue che l'eventuale denunzia di violazione suddetta potrà essere considerata inammissibile (Civile Ord. Sez. 6, n.12280/ 2019).