Di Carmela Patrizia Spadaro su Lunedì, 26 Febbraio 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Quando i "bisogni" dei cani arrecano danno ad altri. Cosa rischiano i "padroni" incivili

Cosa rischia il padrone di un cane che imbratta muri e automobili parcheggiate con la propria urina? Esistono delle cautele da adottare per evitare conseguenze penali nel caso in cui non si riesca ad impedire al proprio cane di orinare sul bene altrui?
 
Occorre verificare i regolamenti comunali di igiene urbana, che vengono emessi dai singoli comuni e che si occupano della regolamentazione della materia creando multe ad hoc nel caso di imbrattamento di beni comunali o appartenenti a terze persone.

E ancora come può tutelarsi un condomino contro un altro che deliberatamente, per dispetto, porta il suo cane a fare la pipì sulle ruote della propria auto parcheggiata?
 
La lacunosa normativa in materia è disciplinata sia dall´art.83 del D.P.R.n.320/1954, recante il Regolamento di polizia veterinaria, che da due importanti Ordinanze del Ministero della Salute in materia di incolumità pubblica dall´aggressione dei cani: la cd.ordinanza Martini, emessa il 6 agosto 2013 (G.U.06/09/2013), e la successiva del 13 luglio 2016 (G.U.07/09/2017), che ne ha prorogata la vigenza sino al 07/09/2017.

Il legislatore ha previsto sia l´obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico, che l´obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei mezzi di trasporto pubblico, ma ha, altresì, espressamente stabilito che il proprietario del cane e/o chiunque, a qualsiasi titolo, accetti di detenere il cane non di sua proprietà è sempre responsabile del suo controllo e della sua conduzione e deve essere fornito della strumentazione idonea alla raccolta delle deiezioni del cane.
L´ordinanza Martini contiene una deroga all´obbligo di utilizzo del guinzaglio e della museruola nel caso in cui il cane sia utilizzato da una persona diversamente abile, o per la conduzione delle greggi, dalle forze armate e dalle forze dell´ordine.
Sui predetti quesiti sempre più copiosa è la giurisprudenza di merito e di legittimità tra cui vale la pena di ricordare la decisione della Corte di Cassazione, sez.penale II, n.7082 del 18 febbraio 2015.
 


 
Con la sentenza, riferita ad un fatto accaduto a Firenze, si è data vita ad una sorta di vademecum per i proprietari dei cani che dovranno "ridurre il rischio che questi possano lordare i beni di proprietà di terzi quali muri di affaccio degli stabili o i mezzi di locomozione ivi parcheggiati".
Sottolinea la Corte che al di là dei possibili aspetti sanzionatori delle condotte, in chiave penale o amministrativa, deve vigere il rispetto dei principi di civiltà e di educazione.

Nella fattispecie il padrone del cane era stato condannato dal Giudice di pace di Firenze che lo aveva dichiarato colpevole del delitto di cui all´art. 639, c. 2, cod.pen..
L´azione contestata consisteva nel fatto di avere, permettendo ai proprio cane dì orinare sulla facciata di un edificio dichiarato di notevole interesse storico architettonico, imbrattato il predetto edificio.
Reato dal quale fu assolto in appello dal Tribunale di Firenze, nel febbraio 2013, perchè l´uomo aveva con sè una bottiglietta d´acqua e usò il contenuto per pulire il muro.
Il proprietario dell´edificio ricorse in Cassazione avverso la predetta sentenza deducendo la violazione dell´art. 639 cod. pen. per avere il giudice ritenuto che, nella fattispecie, non fosse ravvisabile il dolo generico, (anche eventuale) necessario per configurare il reato in contestazione, nonostante il fatto conclamasse l´esatto contrario: il giudice, erroneamente, avrebbe sostenuto che non vi era prova alcuna dell´imbrattamento.

La Cassazione, convalidando il giudizio d´appello, ha colto l´occasione per ricordare che «è dato di comune esperienza che, per quanto l´animale possa essere ben educato, il momento in cui lo stesso decide di espletare i propri bisogni fisiologici è talvolta difficilmente prevedibile, trattandosi di un istinto non altrimenti orientabile e comunque non altrimenti sopprimibile mediante il compimento di azioni verso l´animale che si porrebbero al confine del maltrattamento nei confronti degli stessi».
Tra l´altro, annota ancora la Cassazione, «non sempre le autorità locali sono in grado di predisporre luoghi appositi dove gli animali possano espletare bisogni e comunque non può essere escluso che gli stessi decidano di espletare tali bisogni altrove o prima del raggiungimento dei luoghi deputati».
Ecco allora che deve prevalere il «senso civico» del padrone del cane nel cercare di ridurre il più possibile il rischio che questi possano sporcare i beni di proprietà di terzi, quali i muri di affaccio degli stabili o le auto parcheggiate.
Trattandosi di un rischio prevedibile e non evitabile, dunque, la Suprema Corte, consiglia di «legare» i cani «al guinzaglio o comunque intervenire con atteggiamenti tali da farlo desistere quanto meno nell´immediatezza».
 
Diversamente, si può imputare al proprietario «sciatteria o imperizia nella conduzione dell´animale», tutte situazioni riconducibili, comunque, «a colpa ma non certo al dolo».

Anche se non sussistono i presupposti per ricondurre la condotta ad un reato, in caso di presenza di danni, la Cassazione non esclude che il proprietario dell´edificio che si ritiene danneggiato possa adire il giudice civile per chiedere un risarcimento.
La questione, oltre ai fini di giustizia nel caso in esame, coinvolge interessi diffusi nella vita quotidiana nella quale si contrappongono i diritti e gli interessi di milioni di persone divisi tra la legittima tutela dei beni di proprietà e la posizione di chi accompagna animali sulla pubblica via.
Ma che coinvolge anche i proprietari di animali da compagnia nei condomini.
 
A tal proposito, è vero che la riforma del condominio consente di ospitare animali da compagnia – sottolineano le associazioni degli amministratori di condominio - ma "non si devono dimenticare le normali norme igieniche e le necessità di una civile convivenza".
Basterebbe poco per convivere in pace: tolleranza e dialogo, ed in tal senso le capacità negoziali dell´amministratore di condominio sono fondamentali.
"La strada ideale, infatti, è il cercare di sanare le situazioni critiche e tese prima che i rapporti tra i vicini peggiorino".
Avv.Carmela Patrizia Spadaro – Foro di Catania