Di Piero Gurrieri su Sabato, 20 Ottobre 2018
Categoria: Legge e Diritto

Processo Saguto, tensione alle stelle: avvocato lascia difesa, "io delegittimato da pm", solidarietà da Coa

"C'è stata una sistematica attività di inquinamento probatorio", aveva accusato in aula il pubblico ministero Maurizio Bonaccorso, avanzando ombre sulla difesa del professore Carmelo Provenzano, l'ex docente universitario della Kore imputato per aver gestito alcuni patrimoni sequestrati alla mafia in modo spregiudicato. Adesso, il tribunale di Caltanissetta conferma: "C'è stato un comprovato tentativo di interferenza su un testimone". E ancora: "Si è verificata una situazione che ha compromesso la genuinità di un esame testimoniale". Sotto accusa è finita la deposizione di un coadiutore giudiziario, Alessandro Bonanno, oggi indagato, che avrebbe provato a smontare uno dei capi d'accusa, quello riguardante gli incarichi clientelari dati alla moglie di Provenzano, Maria Ingrao, e alla sua collaboratrice, Calogera Manta. Dopo l'ordinanza del tribunale, l'avvocato di Provenzano, Boris Pastorello, ha rinunciato al mandato, ed ha affidato al comunicato stampa che segue il proprio disappunto: 

"Per la prima volta, dopo oltre venti anni di carriera, sono stato costretto a rimettere il mandato difensivo. L'ho fatto oggi, dopo una riflessione maturata nelle ultime settimane. Ho dovuto farlo, e non immaginavo che un gesto del genere potesse causarmi la sofferenza che provo in queste ore.

Dopo la perdita di mio padre, questa è una delle pagine più nefaste della mia vita!

Sofferenza mista ad un senso di responsabilità. La sofferenza non riguarda soltanto la mia personale esperienza professionale nel processo CAPPELLANO SEMINARA + ALTRI. Riguarda il diritto di difesa e il diritto a un processo giusto, rispettoso del principio costituzionale della parità tra accusa e difesa dinanzi ad un Giudice, terzo e imparziale. Il rispetto della legge, l'etica professionale, l'amore per la toga e per le regole processuali, che hanno sempre caratterizzato il mio impegno diuturno nelle aule di giustizia ed a difesa del cittadino, mi impediscono di continuare a partecipare a un gioco al massacro, come quello che ho dovuto subire.

Ho sempre svolto con onore e decoro la professione di avvocato, io sono AVVOCATO e per difendere le posizioni dei miei assistiti non ho mai avuto timore di contestare ogni singolo passaggio che costituisse una possibile distorsione delle regole processuali, anche quando queste riguardassero gli investigatori o lo stesso Ufficio della Procura, il tutto, sempre, nel pieno ed assoluto rispetto delle regole processuali.

Purtroppo nel processo CAPPELLANO SEMINARA + altri, nel quale assistevo tre professionisti, sono stato, mio malgrado, bersaglio di alcune gravi ed ingiustificate "accuse" facendo intendere ch'io avessi un "ruolo" in alcuni atti che il Pubblico Ministero ha "offerto in visione" al Tribunale; si tratta di intercettazioni relative ad un procedimento penale parallelo per falsa testimonianza a carico di uno dei testimoni che ha deposto nel processo e per il quale la difesa aveva prestato il consenso ad acquisire tanto le sit che le dichiarazioni rese al difensore nelle indagini difensive (scelta operata per consentire al Tribunale di avere una visione di insieme granitica per valutare l'attendibilità o meno del teste, successivamente indagato).

La Procura delegava le indagini tecniche agli stessi agenti di polizia giudiziaria che avevano svolto attività investigative nella fase delle indagini preliminari del processo principale e dagli atti messi a disposizione del Tribunale sono emersi elementi dai quali evincere che anche la strategia difensiva studiata e condivisa con i clienti fosse oggetto di intercettazioni; per fare un esempio: in un'intercettazione – quella del 20 luglio scorso – si fa riferimento alla produzione di documenti che la difesa avrebbe effettuato, come di fatto è successo, alle successive udienze. Il risultato? L'accusa era a conoscenza in anticipo della strategia difensiva dell'imputato Provenzano.

Tra l'altro, dal momento che il mio assistito risiede a Palermo, abbiamo (insieme al codifensore) più volte discusso anche con messaggi con lui della strategia difensiva e delle domande da porre agli agenti di Polizia Giudiziaria. Gli agenti che ascoltavano le intercettazioni riguardanti il procedimento parallelo sono gli stessi che oggi hanno cominciato a deporre come testimoni nel processo CAPPELLANO + ALTRI.

Ad oggi, nonostante l'attacco frontale operato dal P.M. alla mia persona, tengo a precisare che la mia scelta non è legata ad una mancanza di fiducia nei confronti del Collegio al quale ho, nel corso dell'udienza, ribadito la mia personale fiducia e rispetto.

La mia dolorosa e sofferta scelta deriva, solo ed esclusivamente, dalla consapevolezza che in questo processo occorre una difesa credibile: credibilità che, dopo oltre venti anni, qualcuno ha provato, senza riuscirci, a mettere in discussione.

La mia dignità, onorabilità e reputazione e l'onore della toga che indosso mi impongono questa scelta, lasciando alle competenti Autorità Giudiziarie e disciplinari qualunque eventuale ulteriore determinazione consequenziale".

 Il consiglio dell'ordine degli avvocati di Caltanissetta, presieduto dall'avvocato Pierluigi Zoda, nel corso di una seduta straordinaria, convocata dopo la decisione dell'avvocato Boris Pastorello di rinunciare al suo mandato difensivo dopo un duro scontro con un Pm nell'ambito del processo Saguto, all'unanimità ha espresso solidarietà e preoccupazione per quanto accaduto. Il consiglio, nella delibera approvata, "manifesta la propria preoccupazione per quanto accaduto e confida non abbia più a ripetersi qualsivoglia limitazione e/o lesione del diritto di difesa e delle regole processuali del giusto processo. Esprime la propria solidarietà e vicinanza all'avv. Liborio Paolo Pastorello che ha sempre svolto la propria professione con serietà, onore e decoro, nel rispetto delle norme deontologiche e processuali. Auspica che i vertici della Magistratura, all'esito degli opportuni accertamenti, si attivino a che le regole processuali costituzionalmente garantite continuino ad essere onorate ed osservate, e che si mantenga il reciproco rapporto di rispetto tra avvocati e magistrati, nella consapevolezza e coscienza di svolgere differenti quanto fondamentali funzioni nell'esercizio della giurisdizione".