Inquadramento normativo: Art. 85 c.p.c.
La revoca e la rinuncia alla procura alle liti: «La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore». E ciò in considerazione del fatto che le vicende della procura alle liti, nell'ambito processuale, sono disciplinate in maniera diversa da quelle relative alla procura rilasciata per il compimento di atti di diritto sostanziale. Infatti, «mentre nella disciplina sostanziale è previsto che chi ha conferito i poteri può revocarli (o chi li ha ricevuti, dismetterli) con efficacia immediata, nel processo civile né la revoca, né la rinuncia privano - di per sé - il difensore della capacità di compiere o di ricevere atti.La giustificazione di tale diversa disciplina deriva dal fatto che i poteri attribuiti dalla legge processuale al procuratore non sono quelli che liberamente determina chi conferisce la procura, ma - in quanto poteri in cui si concreta lo ius postulandi - sono attribuiti dalla legge al procuratore che la parte si limita a designare». Con l'ovvia conseguenza che il procuratore è privato della capacità di compiere o ricevere atti solo quando alla revoca o alla rinuncia si accompagni la sostituzione del difensore (Cass. civ., n. 19331/2014).
Tutto questo è applicazione del principio della perpetuatio dell'ufficio del difensore (Consiglio di Stato, nn. 3558/2014; n. 3956/2014, 3982/2013; 350/2006, TAR Lazio, Roma, n. 29/2014, richiamate da T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, n. 4/2017).
In punto di efficacia della rinuncia e della revoca è stato ritenuto che:
- nel giudizio di cassazione, la sopravvenuta rinuncia al mandato, comunicata prima dell'udienza di discussione già fissata, non ha efficacia, in forza del principio della cosiddetta perpetuatio dell'ufficio di difensore ((Cass. n. 16121/2009, richiamata da Cass. civ., n. 26429/2017);
- «la revoca della procura e la rinuncia al mandato non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore, con la conseguenza che la notifica dell'impugnazione deve, in siffatta situazione, essere compiuta al difensore non ancora sostituito e non alla parte personalmente [...]» (Cas., nn. 7771/2004, 3227/1984, richiamate da Cass. civ., n. 11504/2016);
- «la revoca non ha effetto finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Pertanto, nel caso di morte del difensore, la costituzione per proseguire il processo avvenuta con comparsa di costituzione di nuovo difensore e sua partecipazione all'udienza impedisce l'interruzione del processo, anche se il nuovo difensore venga successivamente revocato» (Cass. civ., n. 25596/2015);
- «anche dopo la revoca o la rinuncia, il difensore è legittimato a ricevere gli atti nell'interesse della parte (Cass. n. 21589/09, richiamata Cass. civ. Sez., n. 14368/2013); la notificazione della sentenza allo stesso è idonea a far decorrere i termini di impugnazione (Cass. n. 10643/1997,richiamata Cass. civ. Sez., n. 14368/2013) e va fatta a lui e non alla parte personalmente» (Cass. civ. Sez., n. 14368/2013).
La rinuncia o la revoca per facta concludentia: Il difensore può rinunciare al mandato anche tacitamente, ossia per facta concludentia. In tali casi, tuttavia, non basta che l'avvocato non sia presente all'udienza, occorrendo altri fatti che unitamente alla predetta assenza inducano a ritenere cessato il rapporto tra la parte e il difensore (Cass. Sez. U., n. 5260/1981, richiamata da Cass. civ., n. 17291/2019). Anche la revoca del mandato può avvenire per facta concludentia, come«nell'ipotesi in cui la parte, avendo la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, decida di stare in giudizio di persona», sebbene inizialmente difesa da altro professionista. In questo caso, la parte, difendendosi da sola, disabilita tacitamente l'originario avvocato (Cass. civ., n. 19331/2014).
Revoca e rinuncia dell'avvocato in servizio presso l'ufficio legale di un ente pubblico: Con riferimento al rapporto di patrocinio che si instaura tra l'ente pubblico e l'avvocato in servizio presso l'ufficio legale di tale ente, in qualità di lavoratore dipendente, detto rapporto trova fondamento in quello di impiego. Ne consegue che il rapporto di patrocinio in questione non può essere assimilato a quello che sorge dal contratto di prestazione d'opera professionale. Pertanto, nel momento cui il rapporto di patrocinio con l'ente pubblico cessa, detta cessazione riguarda una vicenda del rapporto di impiego, con conseguente:
- inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 85 c.p.c.;
- automatica interruzione del processo, ancorché il giudice o le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza;
- nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata
(Cass. n. 20361/2008, richiamata da Cass. civ., n. 27308/2018).