Di Rosalba Sblendorio su Giovedì, 23 Gennaio 2020
Categoria: Il caso del giorno da 9/2019

Processo civile: quando si verifica acquiescenza alla sentenza?

Inquadramento normativo: Art. 329 c.p.c.

L'impugnazione e l'acquiescenza alla sentenza: L'acquiescenza alla sentenza consiste nella libera, totale o parziale e incondizionata accettazione del decisum. Tale accettazione deve intervenire anteriormente alla proposizione del gravame e ciò in considerazione del fatto che successivamente allo stesso è possibile solo una rinunzia espressa all'impugnazione da compiersi nella forma prescritta dalla legge (Cass. n. 19747 del 2011, richiamata da Corte d'Appello Campobasso, sentenza del 21 febbraio 2019). In buona sostanza per aversi acquiescenza è necessario che la parte soccombente manifesti «la volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest'ultimo caso, l'acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l'interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa e univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell'impugnazione» (Corte d'Appello Campobasso, sentenza del 21 febbraio 2019). L'impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate.

Acquiescenza ed esecuzione della sentenza: Se alla sentenza viene data spontanea esecuzione dalla parte soccombente, detta circostanza non si configura come una situazione di acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione. 

E tanto anche se la riserva d'impugnazione non è stata resa. In tali casi, infatti, la spontanea esecuzione della sentenza può essere finalizzata a evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 14417/2019). Stesso discorso va fatto nell'ipotesi dello sgravio della cartella di pagamento cui vi ha provveduto l'amministrazione finanziaria in provvisoria ottemperanza alla sentenza di primo grado favorevole al contribuente. In queste ipotesi, lo sgravio in questione non si configura come acquiescenza alla pronuncia, ma semplicemente come opportunità di evitare le ulteriori conseguenze di una fase esecutiva (Cass., n. 24064/2012, richiamata da Cass. civ., n. 18976/2019).

Acquiescenza ed eccezioni di merito: «In tema di impugnazioni, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente e inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendo [...] sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece [...] ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, a opera del giudice di prime cure [...] (Cass. SS.UU., n. 11799/2017, richiamata da Corte d'Appello Roma Sez. Lavoro, sentenza 21 ottobre 2019).

Acquiescenza, questioni di giurisdizione e vizio di omessa pronuncia: Se una parte ha ottenuto una sentenza a sé favorevole nel merito, per evitare la preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso alla stessa sfavorevole, deve proporre impugnazione incidentale. 

E ciò in considerazione del fatto che, anche in tali casi, la mera riproposizione della questione non è sufficiente a impedire la formazione del giudicato (Cass., Sezioni Unite nn. 25246/2008, 13799/2012, 2605/2018, 10265/2018, richiamate da Corte d'Appello Genova Sez. lavoro, sentenza 23 gennaio 2019). Con riferimento al vizio di omessa pronuncia, «ove la parte intenda denunziarlo con l'appello [...], tale vizio deve costituire oggetto di un puntuale motivo di appello, con il quale si segnali l'errore commesso dal giudice di primo grado, sebbene la specificazione delle ragioni poste a fondamento del motivo possa esaurirsi nell'evidenziare la mancata adozione in sentenza di una decisione sulla domanda ritualmente proposta» (Cass. civ., n. 10406/2018).

Acquiescenza e notifica dell'atto di precetto: La notifica dell'atto di precetto, nell'ipotesi di intimante parzialmente soccombente, non costituisce un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi dell'impugnazione, «in quanto l'intento di procedere a esecuzione forzata non si pone in irrimediabile contrasto con la volontà di conseguire, attraverso il gravame, quanto non ottenuto nelle pregresse fasi processuali» (Cass. n.13399/15, richiamata da Corte d'Appello Catania, sentenza del 16 luglio 201). In buona sostanza la notifica della sentenza di primo grado, munita della formula esecutiva, non integra i presupposti dell'acquiescenza tacita e, dunque, non comporta l'effetto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (Corte d'Appello Catania, sentenza del 16 luglio 2019).