Di Rosalba Sblendorio su Lunedì, 17 Agosto 2020
Categoria: Il caso del giorno da 9/2019

Processo civile: quando la facoltà di estrarre copia di un documento di controparte diventa onere?

Inquadramento normativo: Art. 76 disp att. c.p.c.

Le parti e i documenti inseriti nei fascicoli: «Le parti o i loro difensori muniti di procura possono esaminare gli atti e i documenti inseriti nel fascicolo d'ufficio e in quelli delle altre parti e farsene rilasciare copia dal cancelliere, osservate le leggi sul bollo». In punto, si fa rilevare che oltre a tale facoltà, le parti, nell'esercizio del loro potere dispositivo sulle prove (art. 115 cpc), hanno anche la facoltà di ritirare e non ridepositare nei termini di legge i documenti in precedenza prodotti. Ove il documento su cui si fonda la prova della loro pretesa non sia più ridepositato, la sanzione consisterebbe nella soccombenza per omessa prova. E ciò in considerazione del fatto che il giudice decide la causa solo sulla base delle prove fornite e prodotte dalle parti (Cass., n. 5627/1982, richiamata da Tribunale Salerno, sentenza 2 agosto 2011).

Il principio di immanenza della prova documentale: Nel nostro ordinamento non esiste un principio di "immanenza" della prova documentale, ossia il giudice non può tener conto di documenti non inseriti nel fascicolo in quanto – come detto – egli decide la causa "juxta alligata et probata". Per tale motivo, se una parte vuole avvalersi, come prova, di un documento prodotto dalla controparte, è onere della stessa farsi rilasciare dal cancelliere, ex art. 76, disp. att. cod. proc. civ., copia degli atti del fascicolo di controparte da inserire del proprio fascicolo. Solo in questo modo quel documento potrà essere considerato dal giudice (Cass., n. 52419/2004, richiamata da Tribunale Salerno, sentenza 2 agosto 2011). 

Il principio di immanenza e il giudizio d'appello: «Il giudizio d'appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (novum judicium) in quanto ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae). Ne consegue che l'appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d'appello e su di lui ricade l'onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado» (Cass. civ., n. 11797/2016).

L'onere in questione grava sull'appellante anche quando:

In tali casi, il principio di immanenza in questione, «quando si assume che la prova, una volta entrata nel processo, vi permane e può essere utilizzata anche dalla parte diversa da quella che l'ha prodotta, va inteso con riferimento non al documento materialmente incorporante la prova, bensì all'efficacia spiegata dal mezzo istruttorio, virtualmente a disposizione di ciascuna delle parti, delle quali tuttavia, quella che ne invochi una diversa valutazione da parte del giudice del grado successivo non è esonerata dall'attivarsi perché lo stesso possa concretamente procedere a richiesto riesame» (Cass., Sez. Un., n. 3033/2013, richiamata da Cass. civ., n. 30738/2019).

Questo sta significare che, «è onere dell'appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà , ex art. 76 disp. att. c.p.c., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti. E ciò affinché questi documenti possano essere sottoposti all'esame del giudice di appello. Ne consegue che l'appellante subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell'altra parte [...], quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice di appello non ha quindi avuto la possibilità di esaminare» (Cass. SS.UU., nn. 28498/2005; 30333/2013, richiamate da Corte d'Appello Firenze, sentenza 14 aprile 2015). Tale onere sussiste, in buona sostanza, con riguardo alle prove documentali di parte che:

L'appellante che, pur disponendo di un adeguato mezzo processuale (la richiesta di cui all'art. 76 disp. att. c.p.c.) per prevenire la sopra esposta situazione di carenza documentale, non produce i documenti su cui si fonda il suo motivo d'appello, va considerato soccombente, in virtù del principio, desumibile dall'art. 2697 c.c, secondo cui "actore non probante, reus absolvitur" (Cass. civ., n. 11797/2016).