Inquadramento normativo: Art. 64 c.p.c.
La colpa grave del consulente tecnico d'ufficio: Al consulente tecnico d'ufficio (CTU) si applicano le disposizioni penali relative ai periti. Nel caso in cui il consulente tecnico d'ufficio incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l'arresto fino a un anno o con la ammenda fino a euro 10.329, con obbligo di risarcire il danno cagionato in violazione dei doveri connessi all'ufficio.
Della responsabilità civile del CTU non è responsabile il Ministero della giustizia: La responsabilità civile per fatto illecito del CTU comporta che quest'ultimo deve risarcire i danni che ha cagionato alle parti con la sua condotta colposa. Tale responsabilità non si estende al Ministero della Giustizia che non può rispondere di tale condotta e né è garante delle obbligazioni risarcitorie del CTU. E ciò in considerazione del fatto che quest'ultimo non esercita funzioni giudiziarie in senso tipico (Cass., nn. 11229/2008, 18170/2010, richiamate da Cass. civ., n. 18313/2015), sebbene svolga, nell'ambito del processo, una pubblica funzione quale ausiliare del giudice, nell'interesse generale e superiore della giustizia, con responsabilità oltre che penale e disciplinare, anche civile, la quale importa, per lo stesso, l'obbligo di risarcire il danno che abbia cagionato in violazione dei doveri connessi all'ufficio (Cass., n. 1545/1973, 11474/1994, richiamate da Cass. civ., n. 18313/2015).
L'estensione del regime di responsabilità del CTU al perito di stima: Il perito di stima nell'ambito di una procedura esecutiva è soggetto allo stesso regime di responsabilità previsto per i CTU. Ne consegue che per i danni cagionati all'aggiudicatario, in virtù di errata valutazione del bene staggito, il perito risponde a titolo di responsabilità extracontrattuale, ove ne sia accertato il suo comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico. E ciò purché detto comportamento abbia determinato una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea a incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente (Cass., n. 13010/2016, richiamata da Cass. civ., n. 8496/2020).
Stessa disciplina è applicabile al perito incaricato dal Giudice delegato di stimare gli immobili dell'impresa fallita.
La diligenza del perito stimatore d'asta fallimentare: Lo stimatore d'asta è tenuto a osservare la diligenza qualificata ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c. Tale disposizione designa il modello astratto di condotta estrinsecantesi (sia esso professionista o imprenditore) nell'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente e obiettivamente necessari o utili, in relazione alla natura dell'attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta. Questo sta a significare che affinché il comportamento sia qualificato come diligente, occorre l'impiego di abilità e di appropriate nozioni tecniche peculiari all'attività esercitata, con l'uso degli strumenti normalmente adeguati, ossia con l'uso degli strumenti comunemente impiegati, in relazione all'assunta obbligazione (Cass., nn. 12995/2006, 15732/2018, 21775/2019, richiamate da Cass. civ., n. 8496/2020).
L'impegno richiesto allo stimatore, da un lato, rientra nello standard professionale della categoria di tale perito, dall'altro, essendo quest'ultimo uno specialista, richiede una diligenza professionale variamente qualificata. In altre parole chi assume un'obbligazione nella qualità di specialista, o un'obbligazione che presuppone una tale qualità, è tenuto alla perizia che è normale della categoria (Cass., nn. 8826/2007, 8035/2016; 15732/2018, richiamate da Cass. civ., n. 8496/2020). Pertanto, lo stimatore d'asta è tenuto a mantenere il comportamento diligente dovuto per la realizzazione dell'opera affidatagli, dovendo adottare (anche) tutte le misure e le cautele necessarie, idonee per l'esecuzione della prestazione, secondo il modello di precisione e di abilità tecnica nel caso concerto richiesto (Cass. civ., n. 8496/2020). Lo stimatore, pertanto, risponderà dei danni cagionati all'aggiudicatario se tali danni sono in rapporto di causalità con le sue attività, nel compimento delle quali deve essere riconoscibile il requisito della colpa. Trattandosi di responsabilità aquiliana, al danneggiato competerà la prova, oltre che del danno, del nesso di causalità tra esso e la condotta del consulente e la caratterizzazione della colpa (Tribunale Milano sentenza 25 ottobre 2013).