Inquadramento normativo: Art. 228 c.p.c.; Artt. 230-232 c.p.c.; Art. 2730 c.c.; Artt. 2733-2734 c.c.
L'interrogatorio formale e valore confessorio delle dichiarazioni: Con l'interrogatorio formale si tende a ottenere, dalla parte processuale interrogata, una confessione giudiziale di fatti sfavorevoli a sé e ad esclusivo vantaggio della controparte che ha richiesto l'interrogatorio (Tribunale Enna, sentenza 31 gennaio 2019). La confessione giudiziale:
- è «la dichiarazione che una parte fa (nel corso di un giudizio, n.d.r.) della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte».
- fa piena prova contro colui che l'ha resa, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili;
- in caso di giudizio con una pluralità di parti, la confessione resa da alcune di esse è liberamente apprezzata dal giudice.
I fatti su cui l'interrogato è chiamato a rispondere devono essere obiettivi e non possono avere ad oggetto opinioni o giudizi (cfr. Cass. 21509/2011). Proprio l'obiettività dei fatti sui cui vertono le dichiarazioni rese dalla parte, in sede di interrogatorio formale, rende la valutazione di tali dichiarazioni, ove sostenuta da motivazione congrua e logica, non censurabile in sede di legittimità. Con l'ovvia conseguenza che, se la parte riferisce fatti (a se sfavorevoli), le sue dichiarazioni avranno valore confessorio (Cass. civ., n. 5725/2019). Un valore confessorio, quello dell'interrogatorio formale, che viene meno nei confronti dei soggetti diversi dal confitente (ossia da colui che rende l'interrogatorio) (Cass. Civile, n. 20476/2015, n. 4486/2011, richiamate da Tribunale Rovigo, sentenza 29 marzo 2019).
Le ammissioni rese nel corso dell'interrogatorio formale e le dichiarazioni aggiunte: «Le ammissioni rese in sede di interrogatorio formale, ove siano accompagnate da dichiarazioni aggiunte idonee a modificare o estinguere gli effetti della confessione, non hanno efficacia confessoria piena [...] e debbono pertanto essere oggetto di valutazione unitaria e complessiva da parte del giudice» (Cass., n. 3244/2009, richiamata da Tribunale La Spezia, sentenza 7 febbraio 2019).
Come viene dedotto l'interrogatorio? Quando una parte processuale intende chiedere l'interrogatorio formale della controparte, dovrà formulare istanza al giudice. In tali casi, occorrerà indicare le circostanze su cui l'interrogato dovrà rispondere, articolandole in capitoli separati e specifici. Il giudice ammette l'interrogatorio formale con ordinanza, indicandone i termini e i modi per la sua assunzione. La parte interrogata sarà chiamata a rispondere solo sui fatti articolati, «ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date». È possibile formulare domande diverse da quelle articolate purché le parti siano concordi e il giudice le ritenga utili.
L'interrogatorio formale e prova documentale: Se la controversia tra le parti verte su fatti oggetto di un contratto, la causa non può essere risolta, fatta salva l'ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento, mediante prove orali e quindi non può essere risolta neanche mediante l'interrogatorio formale. E ciò in considerazione del fatto che la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, non può supplire alla mancanza dell'atto scritto (Cass. Civ., n.4071/2008; n.13634/2015, richiamate da Tribunale Perugia, sentenza 15 maggio 2018). Un esempio si ha con riferimento alla simulazione della compravendita immobiliare. In questi casi, è stato ritenuto che se emerge una controversia tra il preteso acquirente effettivo e l'apparente compratore, la prova di accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore non può essere fornita mediante l'interrogatorio formale, perché la confessione non può colmare la mancanza dell'atto scritto (Cass. Civ., n.4071/2008; n.13634/2015, richiamate da Tribunale Perugia, sentenza 15 maggio 2018).
La mancata risposta della parte interrogata e il contumace: La parte interrogata deve rispondere personalmente e non può avvalersi di scritti o appunti, salvo che la stessa debba fare riferimento a nomi o a cifre, o che particolari circostanze lo richiedano. Se la parte interrogata, senza un giustificato motivo, non risponde o si rifiuta di rispondere o non compare per rendere l'interrogatorio formale, il giudice, esaminato ogni altro elemento di prova, potrà ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio. Il contegno delle parti va valutato unitamente ad altri elementi di supporto ove sussistenti, non potendo, la mancata risposta o la mancata presentazione del contumace a rendere l'interrogatorio, esaurire l'onere probatorio della parte richiedente in merito alla fondatezza della sua domanda (Cass., nn. 5240/2006, 12463/2003, 2864/2003, richiamate da Tribunale Tivoli Sez. lavoro, sentenza 28 febbraio 2019). Con particolare riferimento alla contumacia, è stato ritenuto che «essa e la mancata risposta [...] all'interrogatorio formale non dimostrano la fondatezza della pretesa dell'attore, atteso che il giudice può ritenere come ammessi i fatti oggetto dell'interrogatorio solo dopo aver valutato ogni elemento di prova». E ciò in considerazione del fatto che la contumacia, pur essendo un «fatto processuale che determina specifici effetti, espressamente previsti e determinati dalla legge, non introduce deroghe al principio dell'onere della prova, né può assumere alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore» (Cass. Civ, n. 1648/1996, richiamata da Tribunale Tivoli Sez. lavoro, sentenza 28 febbraio 2019). Con l'ovvia conseguenza che l'attore ha comunque l'onere di provare la fondatezza della propria domanda, senza pretendere che la carenza dell'assolvimento di tale onere e quindi l'assenza di altri apprezzabili elementi probatori addotti a sostegno della propria pretesa, possano essere sopperite dalla richiesta di considerare come provati i fatti su cui l'altra parte ha mancato di rispondere (Tribunale Oristano, sentenza 21 febbraio 2019).