Nell'ambito di valutazione dell'affidabilità di un concorrente in una gara pubblica d'appalto, l'operatore economico che omette di dichiarare la precedente risoluzione contrattuale per suo inadempimento, assume una valenza di gravità tale da determinare motivo di esclusione. E ciò soprattutto se la risoluzione costituisce di per sé motivo grave in relazione all'importanza della fornitura oggetto di gara, come nell'ipotesi di approvvigionamento urgente di dispositivi di protezione per fronteggiare l'emergenza sanitaria Covid-19.
Questo ha statuito il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4201 dell'1 giugno 2021.
Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici amministrativi.
I fatti di causa
L'appellante è una società di abbigliamento che è stata esclusa dalla procedura negoziata per la stipula di un accordo quadro per la fornitura di mascherine filtranti necessarie per la gestione dell'emergenza sanitaria Covid-19. Questa esclusione è stata disposta dalla stazione appaltante in considerazione di una precedente risoluzione di un contratto risultante dal Casellario informatico dell'Anac; risoluzione derivante da grave inadempimento in cui è incorsa l'appellante per mancato avvio della produzione (di materiali di abbigliamento) e per mancato rispetto dei termini di consegna contrattualmente stabiliti e per la quale pende giudizio. L'esclusione dalla procedura è stata disposta sulla base di due elementi:
- il presupposto in virtù del quale l'inadempimento risultante dal Casellario assume particolare rilievo nella procedura oggetto di causa, nella quale il rispetto dei tempi di consegna è stato indicato come essenziale;
- la circostanza della mancata dichiarazione dell'iscrizione nel Casellario che rileva quale omessa dichiarazione ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis), del codice dei contratti pubblici.
È accaduto che il provvedimento è stato oggetto di impugnazione da parte dell'esclusa. Il Tar ha respinto il ricorso e così la questione è giunta al vaglio del Consiglio di Stato.
Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.
La decisione del CdS
Il Giudice d'appello ritiene che l'esclusione è legittima. E ciò in considerazione del fatto che la pendenza di altro giudizio in cui è parte l'appellante e avente ad oggetto la risoluzione innanzi menzionata, costituisce circostanza rilevante non essendoci certezza in ordine alla sua affidabilità .
A parere del Giudice d'appello, infatti, la pendenza in esame su cui si fonda la motivazione dell'esclusione è ben coerente con l'oggetto della gara bandita nel periodo emergenziale Covid-19 per la fornitura di dispositivi di protezione individuale (DPI) e ciò per vari ordini di ragioni.
In primo luogo l'urgenza di rifornire la Regione delle mascherine filtranti. Urgenza, questa, che ha giustificato l'adozione di una procedura in deroga, per l'approvvigionamento dei dispositivi di protezione in tempi ristretti, indicati nella legge speciale. In particolare dal contenuto della lettera di invito alla procedura in esame, tra le condizioni oggettive, necessarie per l'individuazione dell'operatore economico cui affidare la commessa, sono stati indicati proprio la "tempistica di consegna" e il "quantitativo disponibile offerto"(ex art. 54, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016).
Il fatto che la società appellante esclusa risulti essere iscritta al Casellario informatico dell'Anac come operatore economico inadempiente per mancato avvio della produzione (di materiali di abbigliamento) e per mancato rispetto dei termini di consegna contrattualmente stabiliti, giustifica l'esclusione in esame. E ciò soprattutto nel caso di specie ove elementi caratterizzanti la fornitura [...] sono i tempi brevissimi per effettuare l'approvvigionamento. Orbene, ad avviso del Consiglio di Stato, il solo dubbio in merito al ritardo della fornitura delle mascherine, ha giustificato [...] la decisione della stazione appaltante [...]."
Quanto alla valutazione di inaffidabilità dell'operatore economico in ragione di precedenti inadempimenti dai quali siano conseguiti provvedimenti di risoluzione, il Consiglio di Stato, ha richiamato la distinzione effettuata dal codice dei contratti pubblici tra:
- l'omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende la reticenza;
- la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere.
La reticenza corrisponde alla c.d. mezza verità che opera in negativo, in relazione a ciò che viene taciuto, costituendo, quindi, una forma di omissione parziale, con la conseguenza che la stazione appaltante può valutarla ai fini dell'attendibilità e dell'integrità dell'operatore economico.
In punto il Giudice d'appello fa rilevare che la reticenza dichiarativa – seppure non legittimi di per sé l'attivazione di un automatismo espulsivo – può e deve essere apprezzata dalla stazione appaltante in quanto si riveli idonea ad occultare "informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, ad "influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante" in ordine alle valutazioni "sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione" (CdS, Adunanza plenaria n. 16 del 2020). Nel caso di specie, quindi l'omessa dichiarazione in ordine alla precedente risoluzione ha assunto una valenza di gravità tale da determinare motivo di esclusione e ciò in relazione all'importanza della fornitura oggetto di gara, che è appunto l'approvvigionamento urgente dei dispositivi di protezione per fronteggiare l'emergenza sanitaria Covid-19.
Alla luce di queste considerazioni il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso in appello e ha compensato le spese di giudizio.