"Ai dipendenti dell'Università assegnati a cliniche o ad istituti di ricovero e cura convenzionati con un'azienda ospedaliera, spetta un trattamento economico complessivo pari a quello riconosciuto al personale non medico ospedaliero del SSN di pari mansioni ed anzianità, ciò per il solo fatto di aver svolto servizio presso le citate strutture, restando, quindi, irrilevante che l'attività svolta in concreto non sia stata strettamente sanitaria o di cura".
Ad affermarlo è l'ordinanza del 13 giugno 2023, n. 16858 della Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso proposto da alcuni dipendenti dell'Università che avevano agito per il pagamento di un'indennità diretta ad equiparare il loro trattamento economico a quello del personale ospedaliero non medico.
Secondo la Suprema Corte, l'art. 1 della legge n. 200 del 1974 - che riconosce il diritto di tutto il personale non medico universitario che presta servizio presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle università, a ricevere una indennità nella misura occorrente per equiparare il trattamento economico complessivo a quello del personale non medico ospedaliero di pari mansioni ed anzianità - è preordinato ad introdurre un trattamento perequativo in favore del personale non medico universitario per la prestazione del servizio reso, in modo da garantire un trattamento analogo a quello del personale non medico ospedaliero di pari mansioni ed anzianità.
Tale perequazione, ha specificato la Cassazione, è legata esclusivamente all'esecuzione del servizio presso le strutture de quibus e, dunque, ai fini del riconoscimento dell'indennità in parola, è del tutto irrilevante qualsivoglia considerazione ed accertamento in ordine all'aggravio di lavoro, rispetto all'omologo personale dei servizio sanitario, per il personale universitario non dedito solo alla prestazione in favore dell'Università, così come del pari superflua è l'indagine preordinata ad accertare l'effettiva natura assistenziale dell'attività svolta presso l'ospedale.
Dunque, conclude l'ordinanza, ai fini del riconoscimento dell'indennità di perequazione in discorso, è irrilevante verificare se le mansioni svolte dai richiedenti abbiano avuto o meno contenuto assistenziale, essendo, invece, sufficiente, a tale medesimo fine, che sia accertato l'effettivo svolgimento del servizio presso le strutture sanitarie.