Riferimenti normativi: Art.3 D.P.R.n.380/2001 (Testo unico dell'Edilizia)
Focus: L'installazione di antenne di telefonia mobile sugli edifici è spesso motivo di proteste da parte dei vicini perché ritenuta potenzialmente nociva per la salute in quanto gli impianti per telecomunicazioni sono costituiti da antenne trasmittenti che emettono onde elettromagnetiche. Sulla tematica si è pronunciato il T.A.R. Lombardia con la sentenza n.1545/2024.
Principi generali: Le antenne di telefonia mobile ed i ripetitori sono considerati immobili, appartenenti alla categoria catastale D, che rientrano tra le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, come si desume dal Testo Unico dell'Edilizia (D.P.R. n. 380/2001) che, nell'art. 3, comma 1, lett. e), punto 4, ricomprende espressamente fra gli interventi di "nuova costruzione" la "installazione... di ripetitori per i servizi di telecomunicazione". Esse possono essere installate sui tetti degli edifici condominiali a seguito di delibera assunta con la maggioranza degli intervenuti in assemblea con la quale viene concessa in locazione una porzione del tetto ad un gestore telefonico. Il legislatore da tempo è intervenuto in materia di comunicazioni elettroniche al pubblico con vari decreti: il decreto legislativo n. 259/2003 "codice delle comunicazioni elettroniche", il decreto legge n.112/2008, convertito nella L.n.133/2008, e il decreto legislativo n.33/2016 detto "decreto fibra".
La normativa nazionale (L.n.36/01 finalizzata alla "protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici"), al fine di tutelare la popolazione dall'esposizione alle onde elettromagnetiche provenienti da tali antenne, ha stabilito dei limiti di intensità di campo elettrico e di campo magnetico che non devono essere superati, ma non prevede distanze delle antenne dagli edifici.
Il caso: Una nota società di telefonia mobile, autorizzata dal Comune, aveva installato su un immobile un impianto/stazione radio base con potenza in singola antenna superiore ai 20 Watt. L'antenna si trovava a ridosso di un parco giochi (formato da un'area per bambini, da un campo da calcetto e da uno per la pallacanestro) e vicino ad un caseggiato. I condòmini, unitamente al condominio in persona dell'Amministratore, impugnavano davanti al Tar il provvedimento comunale di autorizzazione, chiedendone la sospensiva, perché secondo i condomini l'Amministrazione comunale e l'Arpa avevano rilasciato parere favorevole alla società di telefonia senza effettuare le verifiche necessarie. In particolare, veniva evidenziato che la società di telefonia aveva rappresentato nei propri documenti lo stato dei luoghi in maniera sommaria e senza individuare il parco giochi. In tal modo era stata consentita l'installazione della stazione radio base violando le norme di legge statali e regionali riguardanti gli impianti stessi, fra cui l'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche o anche solo "CCE", nel testo applicabile ratione temporis), l'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell'edilizia o anche solo "TUE") e soprattutto l'art. 4 della legge regionale della Lombardia n. 11 del 2001, che vietava l'installazione di impianti per le telecomunicazioni in corrispondenza, fra gli altri, dei parchi-gioco, salvo che la potenza dell'impianto non fosse superiore a 7 Watt. Il Comune e la società di telefonia si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
I giudici amministrativi hanno evidenziato che la norma regionale richiamata dai ricorrenti (che introduceva un limite nelle distanze misurato in metri lineari) è stata dichiarata incostituzionale con la sentenza della Corte Costituzionale n. 331/2003 e che, contrariamente a quanto affermato dai condòmini, la società di telefonia aveva indicato nella domanda la presenza del campo giochi che, unitamente al condominio, è risultato tra i punti di misurazione utilizzati sia dalla società sia dall'Arpa. Per far fronte alle esigenze di protezione ambientale e sanitaria il legislatore statale ha scelto un criterio fondato non sulla distanza lineare ma «basato esclusivamente su limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi particolarmente protetti». L'Arpa, nel proprio parere aveva ritenuto che l'attivazione dell'impianto non avrebbe determinato il superamento dei limiti previsti dalla normativa statale in materia (D.P.C.M. 8.7.2003). Alla luce di ciò è stato ritenuto corretto il comportamento del Comune che, uniformandosi al parere rilasciato dall'Arpa, ha autorizzato l'installazione dell'impianto. Pertanto, il T.A.R. ha respinto il ricorso del condominio precisando che "la previsione di un limite minimo di distanza rappresenta un divieto di localizzazione, che potrebbe pregiudicare la realizzazione di una rete completa di infrastrutture, e tale divieto non è consentito dalla legislazione statale in materia (D.Lgs. n. 259/2003 e L.n. 36/2001) che qualifica l'attività di installazione di reti di comunicazione elettronica come di preminente interesse generale, mentre le Stazioni radio base sono qualificate come opere di pubblica utilità e di urbanizzazione primaria". Inoltre, ha evidenziato che il divieto di installazione "in corrispondenza" di siti sensibili corrisponde sostanzialmente a quello di installare "su" tali siti.