Di Rosario Antonio Rizzo su Sabato, 26 Ottobre 2019
Categoria: Di Libri di altro

“Per un nuovo umanesimo” Don Luigi Ciotti e Vittorio V. Alberti

"Come ridare un ideale a Italiani e Europei", è il sotto titolo di questo agilissimo librettino di 125 pagine, pubblicato da "I Solferini", lo scorso mese di aprile.

Don Luigi Ciotti, classe 1945 ha fondato il Gruppo Abele a Torino nel 1965 e nel 1995 con l'Associazione "Libera" riesce mettere assieme 1600 Associazioni "… per il contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione,lavorando per una cultura della legalità, della responsabilità e della Giustizia".

Vittorio V. Alberti, classe 1978, filosofo, scrittore è membro della consulta scientifica del"Cortile dei Gentili" una emanazione del Dipartimento del Pontificio Consiglio della cultura, di cui è presidente il cardinale Gianfranco Ravasi, "…un luogo d'incontro e confronto sui grandi temi e le sfide che interessano la società moderna".

Il testo è un Manifesto per un nuovo umanesimo. E lo spiegano bene i due Autori nella Premessa: "Il diametro della Terra è di 13.000 chilometri quadrati, ma ne abbiamo già oltre 14.000 occupati da muri, filo spinato, barriere che non risolvono ma anzi aggravanoi problemi. (…) In questo libro non diremo cosa dobbiamo fare,ma cosa possiamo fare, a partire dalla realtà. E' patetica la declamazione dei buoni principi del 'dover essere' senza fare i conti con il presente, reale disagio materiale, spirituale, culturale delle persone. (…)

Italia e Europa non sono solo espressioni geografiche, ma civiltà. I grandi dilemmi del tempo attuale vanno affrontatia livello di spazio europeo, non di singola nazione" (pagg.7,8,9). 

Di primo acchito si potrebbe pensare ad un libro che raccoglie tutti i malumori del nostro quotidiano, messi in risalto, non sempre con scopi benefici, ma ideologici. Di bassa lega, tanto per creare confusione e raccattare consenso.

Ma la lettura, fin dalle prime righe, appassiona per la consistenza delle idee, per la visione di un futuro possibile, per un linguaggio forbito, ma chiaro che induce a moltissime riflessioni per una ricerca della nostra identità: individuale e collettiva.

Vittorio Alberti affronta nel primo capitolo, "Diventa ciò che sei", la problematica dell' "Identità" e dell' "Umanesimo". Descrive con metodo e puntualità la situazione di grandissimo disagio in cui si sobbarcano milioni di persone un quotidiano pieno di difficoltà, di ingiustizie, di disoccupazione, di mancanza del minimo vitale, di impoverimenti, materiali e culturali…! Cresce la sfiducia nelle istituzioni per l'incapacità atavica di sapere, e volere, affrontare le criticità, sulle quali ci si confronta da molti decenni. E la sfiducia aumenta ogni qualvolta ci si trova davanti all'esondazione di un fiume, al crollo di un ponte, al tetto di una scuola, alla rottura di una diga, all'ennesima tragedia annunciata che provoca migliaia e migliaia di morti.

La politica riesce sempre a sfuggire alle responsabilità proprie, attraverso i mass media o i vari "salotti televisivi" compiacenti.

E quando non si intravvedono vie di uscita ci si abbandona al primo demagogo, che si presenta sulla scena politica, annunciando, e non solo in Italia, la novella "sovranista". Pronta a sconfiggere ogni povertà.

"La risposta a quei mali può essere invece un'altra, una risposta filosofica e popolare, che ponga il primato dell'istruzione generale. Mi riferisco anche alla povertà, la quale e sì materiale, ma letta in chiave intellettuale il privarsi (farsi poveri) di idee fisse, di pregiudizi. In questo senso come 'povertà di spirito', è la base per la più potente apertura mentale, per il più alto libero pensiero, che non significa, 'farsi ignoranti', bensì, al contrario, sviluppare la capacità di ricercare gli elementi di libertà della cultura Il nuovo umanesimo, quindi, deve essere 'povero', nel senso intellettuale appena indicato, e nel senso sociale, poiché deve partire dalle e fra le persone impoverite" (pagg. 14,15).

Quindi bisogna ripartire, non possiamo rimanere ingabbiati nelle lusinghe degli imbonitori di turno, che "affascinano", quotidianamente dagli schermi televisivi, senza un programma, senza una strategia, senza un'appartenenza.

Con la compiacenza di "giornalisti" ed "intellettuali".

Senzaun dibattito nel significato classico della parola

Ma cosa ci spiega il dizionario Treccani su questo termine? "dibàttito s. m. [der. di dibattere]. – Discussione alla quale prendono parte i partecipanti a un'assemblea, a una seduta, a una riunione pubblica o privata, e nella quale si contrappongono e valutano idee e opinioni diverse in merito a determinati argomenti proposti o a decisioni da prendere…".

"Idee e opinioni"divere che dovrebbero servire ad una sintesi per formarsi un'opinione o, nel caso della politica, se il dibattito avviene nelle aule parlamentari, per prendere una decisione.

Assistendo, sia ad un "dibattito" televisivo, sia nelle aule parlamentari, negli ultimi decenni non abbiamo registrato confronti, seri e documentati, su argomenti, su scelte, su strategie che avrebbero dovuto, fosse solo nelle più pie intenzioni, affrontare e trovare soluzioni sull'economia, sulla ridistribuzione della ricchezza, sull'impoverimento di larghe fasce sociali, sull'occupazione, sulla disoccupazione giovanile, soprattutto, su interventi virtuosi sul nostro Territorio, un vero colabrodo, sull'ambiente, sulle scuole, oltre il 60 per cento non sono in regola. E su tanto altro ancora.

Invece, sulle aule parlamentari e sulle piazze, un'eterna bagarre sulla validità, o meno dei "leader", che sono riusciti, nello spazio breve di qualche decennio,a creare un clima perenne di rissa continua, dove chi "grida di più" pensa di avere ragione. E le folli acclamanti ratificano queste novelle procedure. 

Intanto il Paese va in malora, sotto gli occhi di tutti e nell'indifferenza generale.

Don Luigi Ciotti, con passione e determinazione, argomenta la necessità di liberare "la cultura" attraverso la "Memoria, la Conoscenza e l'Impegno".

Elementi imprescindibili per un cambiamento radicale e ipotizzare un'uscita dal tunnel.

"Per rigenerare la società attraverso una concreta operazione culturale e, quindi, credere in ideali di progresso occorre esercitare la memoria, per ricordare, vivere e realizzare, perché la memoria è un deposito di esperienza senza la quale non si comprende e costruisce nessun futuro.

L'Italia non è ancora libera. Se misuriamo la liberta con il metro della dignità – quello più giusto e affidabile – la libertà nel nostro Paese non è ancora un bene comune universale…" ( pagg. 25,26). Ed elenca tutte le criticità e le tragedie che vivono quotidianamente larghe fasce della popolazione immerse nelle dipendenze, dalle droghe, all'alcolismo, dal gioco d'azzardo alla povertà…!

Seguono altri sei capitoli, con alterni interventi, sulla "Democrazia e bene comune", sulla "Nuova Laicità, sull' "Identità democratica", su "Migranti e muri", su "Quale antimafia? Quale legalità?", e su "Quale bellezza salverà l'Europa?".

L'ultimo capitolo è un Manifesto- Appello sul "Nuovo Umanesimo".

"Prestiamo grande attenzione: oggi l'Europa corre un rischio mortale di disintegrazione e cupa regressione. Uniamoci, in modo dialettico, senza uniformarci, intorno all'umanesimo per farla tornare ambiziosa, senza muri, senza paura di ciò che è: identità inquieta e polifonica che cerca e ricerca senza stancarsi mai. Senza stancarsi mai di rinnovare la giustizia e la libertà. Ecco il Nuovo Umanesimo" (pag.125).