I nostri anziani amavano ripetere: "Mai il pane ha preceduto il sudore della fronte". E loro, come sappiamo bene, hanno sempre sudato prima di ogni raccolto. E, bisogna anche dire, che il più delle volte, il raccolto non sempre era proporzionato al sudore versato.
Poi si è rotto questo equilibrio.
L'uomo ha dimenticato il sudore, i sacrifici, i duri lavori e, soprattutto, il rispetto della Terra dimenticando che " Noi non siamo Dio.La Terra ci precede e ci è stata data", come afferma Papa Francesco nella Enciclica "Laudato sì", al no. 67 di pag. 77 di questa splendida Enciclica che ha tutto il sapore, pur nella sua grande speranza, del canto del cigno.
Sembra che l'uomo abbia dimenticato quella terzina: "laudato sì, mi' Signore, per sora nostra madre terra, / la quale ne sustenta et governa, / et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba". La Terra è sorella e madre ed è un chiarimento fortissimo di San Francesco nei confronti della natura: un sentimento di vicinanza con le creature in nome della fratellanza. La natura sentita come una famiglia, come una comunità. Non è altro che la Terra come "Casa comune" del nostro attuale Papa. Una Terra e Una casa comune che i due Francesco ci chiedono di amare e custodire con un "Sì" pieno ed assoluto, uscendo dalla "rassegnazione e dall'indifferenza" come diranno nel passo successivo.
E al no.14 di pag.37 Papa Francesco afferma: "Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all'indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale". Come hanno detto i Vescovi "I talenti e il coinvolgimento di tutti sono necessari per riparare il danno causato dagli umani sulla creazione di Dio".
E se diamo uno sguardo a ciò che è successo dagli anni cinquanta ad oggi, anche, se non soprattutto, alle nostre latitudini, ci siamo sostituiti alla potenza di Dio affidandoci alle nuove tecnologie, pensando di bai-passare il "sudore della fronte" dei nostri nonni, distruggendo l'ambiente, inquinando l'aria, causando morti, mortificando la dignità dell'uomo e del lavoratore. L'uomo che crede di aver superato ogni limite.
E del "limite" umano si occupa, in uno dei suoi ultimi libri il filosofo cagliaritano, ma famosissimo in tutto il mondo, Remo Bodei, nel suo saggio, appunto dal titolo singolare il "Limite", pubblicato dal Mulino.
Scrive Bodei:
"Soprattutto la modernità occidentale è stata intesa, non senza enfasi, come una consapevole e sistematica violazione dei termini prefissati, che avrebbe trasformato l'uomo in superbo e libero creatore del proprio destino, in un essere teso a negare la propria finitudine, ad auto-trascendersi nello sforzo di diventare sempre più simile a Dio. La ripetuta e vittoriosa esperienza del varcare ogni genere di confini (geografici, scientifici, religiosi, politici, ambientali e, recentemente, perfino biologici) avrebbe pertanto finito per generare una sorta di delirio di onnipotenza, di vertiginosa auto-esaltazione spinta al punto di negare che, in linea di principio, esistano limiti invalicabili".
E non è un caso che questo Francesco abbia preso a modello l'altro Francesco. Questo Francesco, arrivato "dalla fine del mondo" richiama alla nostra memoria collettiva quel "poverello di Assisi" che ci ha tramandato quel Cantico delle creature che, non è un caso, è l'unico scritto di Francesco d'Assisi (1181-1226) in lingua volgare ed il primo Cantico letterario databile con certezza: 1224-1226, anche se con uno sbalzo di soli due anni.
E non sarà un caso che l'Enciclica "Laudato Sì" non sia scritta in latino. Ci sono stati Papi, ma non sono stati tanti, che hanno scritto in lingue moderne, a partire dal 1907. Come ci sono stati papi francescani, il primo è stato Nicola IV salito, al soglio pontificio nel 1288, ma non si sono chiamati Francesco e, guarda caso, il primo a prendere ilnome di Francesco, è l'attuale pontefice: un gesuita!
Ma non sono le uniche convergenze che affratellano questi due straordinari personaggi.
San Francesco vive l'epoca sanguinaria delle Crociate, la Terza del 1187 dopo la caduta di Gerusalemme e la Quarta, voluta da papa Clemente III nel 1202. Un'epoca che gli fa dire, e scrivere, più volte la sua "uscita dal mondo".
Papa Francesco vive il terrorismo planetario, altrettanto sanguinario dei tempi nostri tempi. Ma "entra nel mondo" con tutta la sua forza morale e con la dignità e la nobiltà della parola. Quella parola che era anche un grandissimo strumento di comunicazione, oltre che di preghiera, di San Francesco.
E parlando di papa Clemente III ci sovviene il rapporto che ebbe con il nostro grande Federico II°, di cui era tutore.
Sarà anche questo un caso? E chi lo può dire. Ma tre quasi coetanei, San Francesco, Santa Chiara e Federico II°, grande condottiero, mecenate delle lettere e delle arti, che della parola, più che della spada, fece scelta di vita, furono battezzati tutte e tre ad Assisi, allo stesso fonte battesimale.
Ed è questo un grande indizio di speranza per il futuro della Casa Comune. E per il ravvedimento dell'uomo e prendersi Cura, costruendo visioni virtuose dell'ambiente e della casa Comune.