Di Francesco Margani su Domenica, 23 Agosto 2020
Categoria: Cartoline - Itinerari tra poesia e letteratura

OSIP MANDEL’STAM , poesie e prose.

 Il vento sferza la neve che s'accumula e seppellisce ogni cosa. Vladivostok era un campo di concentramento, uno dei tanti che costituivano l'Arcipelago GULAG. Era un centro di smistamento dei numerosissimi deportati che li venivano inviati. Appartenevano a ogni censo e a varia nazionalità. Lì s'aggirava in condizioni disperate e reso semifolle dai continui maltrattamenti non un criminale comune ma uno dei maggiori poeti russi. Non raggiunse il campo di lavoro della Kolymà dove era stato destinato.

Nessuno sa di preciso la data di morte. I pochi testimoni che rimasti in vita sostengono che sino al 27 dicembre del 1937 si trovava in un lazzaretto adibito ad infermeria. Poi il vuoto di notizie e le reticenze sulle sue reali condizioni di salute. Nessuno sa con certezza dove è sepolto. Si presume che sia stato sepolto in una fossa comune adiacente al campo di rieducazione. Lager è l'esatta definizione.

Mandel'stam nasce a Varsavia nel 1891 da una ricca famiglia di ebrei. Dopo gli studi e qualche viaggio a Parigi e in Italia visse tra Leningrado e Mosca. Pubblicò fra il 1913 e il 1928 numerosi libri. L'incontro con il poeta Gumilev e l'Achmatova che diventerà sua moglie, fu fondamentale per la sua formazione. Assieme a loro fondarono una nuova corrente poetica: Acmeismo. Vertice, punto culminante, arrivare all'essenza delle cose erano i punti cardini dei principi ispiratori. E' un movimento post-simbolista, promotore di un'arte nuova. Partecipa alle discussioni, alle battaglie, alle polemiche con fervore. Poesie e articoli vengono pubblicati su svariate riviste.Redige il manifesto: Il mattino dell'acmeismo. Sarà pubblicato solamente nel 1919. Le sue letture pubbliche sono prodigiose, riscuotono negli ambienti letterari ammirazione. Ben presto per la libertà di certi versi entra in collisione con i burocrati delle lettere, poi i delatori e piccoli e grandi detrattori faranno il resto. Subisce persecuzioni, arresti, processi politici ed infine verrà confinato nelle lontane terre siberiane. Una canzone russa dice:" Siberia, Siberia ci sono dodici mesi di inverno, i rimanenti mesi è estate…". Freddo, lavori forzati con la temperatura al di sotto dei 50°, denutrizione sono le condizioni di vita a cui milioni di persone furono costrette dai tribunali staliniani. Sono stati pochissimi i confinati sopravvissuti. Di solito non superavano un inverno.

 In Europa nel primo Novecento tuonano i cannoni. Cadono le torri e le cupole delle chiese l'una dopo l'altra. Le macerie ingombrano le strade, focolai nei vari punti delle città e delle campagne. Soldati in assetto di guerra calpestano con gli stivali e gli anfibi ogni palmo di terra coperta da neve e fanghiglia.

Kamen (La Pietra) è il primo testo pubblicato dal giovane Mandel'stam nel 1913. Il libricino consta di appena una trentina di poesie, che nelle successive pubblicazioni verrà integrato da altri componimenti.

Si tratta di un libro fondamentale per inoltrarsi alla lettura e alla conoscenza di uno dei maggiori poeti russi.

Oltre all'opera pubblicata in vita dal Mandel'stam, le opere pervenute fino ad oggi sono frutto della memoria prodigiosa della moglie Nadezda Jakovlevna. Fu costretta a memorizzare i versi del marito. Ridotto al silenzio totale, privato delle matite e dei pezzi di carta su cui annotava i propri versi. L'unico modo per fare uscire i versi dal lager era quello di memorizzarli. Trascriverli e nasconderli fino alla caduta dello stalinismo. L'epoca e i lupi è un libro di memorie in cui racconta gli ultimi anni del marito. Narra le spaventose pressioni psicologiche cui era sottoposto da parte degli aguzzini. Due tentativi di suicidio per sottrarsi alle angherie. Umiliazioni indicibili cui era costretto a subire. La morte era l'unica via di salvezza da quell'inferno che nulla aveva da invidiare ai gironi danteschi. L'unica via di fuga dall'atroce tortura, dallo sterminio scientifico.

 In terra di Russia, come d'altronde negli altri Paesi, i poeti invisi al potere venivano ridotti al silenzio.

Venivano perseguitati, ridotti alla fame e alla disperazione. Tanti poeti si suicidarono, tanti morirono d'inedia, tanti erano stati ridotti a larve umane. Possiamo immaginare in quale stato psicologico erano costretti a vivere. Bastava uno scritto o un verso per finire inghiottiti in un campo di sterminio siberiano.

Osip Mandel'stam non sfugge a questa regola. Eccellente poeta, oltre ad essere un acuto critico, ha lasciato delle prose di insuperabile bellezza. Nei suoi versi vi è lo scavo nell'abisso, nel profondo della sua anima e della psiche. Un poeta di non facile classificazione. I suoi versi sono esatti come in una visione sciamanica. Una continua rievocazione di ricordi, memorie. Un assalto alla coscienza di ognuno. La sua testimonianza di uomo e di poeta è da monito per gli anni bui in cui viviamo e da cui non si vedono per gli anni a venire spiragli di rinascita.

Noi vogliamo credere che sia un brutto incubo da cui possiamo svegliarci.

Nessuno potrà portare una rosa sulla tomba del poeta.

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Trascriviamo la poesia che dileggia Stalin e che gli è valsa la persecuzione:

VIVIAMO SENZA PIU' AVVERTIRE SOTTO DI NOI IL PAESE

Viviano senza più avvertire sotto di noi il paese,

a dieci passi le nostre voci sono già bell'e sperse,

e dovunque ci sia spazio per una conversazioncina,

eccoli ad evocarti il montanaro del Cremlino.

Le sue tozze dita come vermi sono grasse,

e sono esatte le sue parole come i pesi di un ginnasta;

se la ridono i suoi occhiacci di blatta

e i suoi gambali scoccano neri lampi.

Ha intorno una marmaglia di gerarchi dal collo sottile.

I servigi di mezzi uomini lo mandano in visibilio.

Chi zirla, chi miagola, chi fa il piagnucolone;

lui, lui solo mazzapicchia e rifila spintoni.

Come ferri di cavallo decreti su decreti egli appioppa-

all'inguine, in fronte, a un sopracciglio, in un occhio.

Ogni messa a morte, con lui, è una lieta

Cuccagna e un largo torace di osseta.

Novembre 1933

da LA PIETRA

Non occorre dire niente

non occorre insegnare niente,

è così triste e buona

la buia anima selvatica:

non vuole insegnare niente,

non sa affatto parlare

e nuota come un giovane delfino

per le canute voragini del mondo.