La Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza del 27 giugno 2018, n. 16982 ha analizzato ancora una volta la rilevanza di una nuova convivenza di fatto intrattenuta dall'ex coniuge separato. In particolare ha specificato in che termini una futura relazione intrattenuta della ex moglie, destinataria di un assegno di mantenimento, può influire sull'attribuzione e sulla quantificazione dell'assegno di mantenimento stabilito a suo favore.
Sostanziali le dissertazioni in punto di onere della prova da parte dell'ex coniuge onerato e dell'ex moglie destinataria dell'assegno nonché del dovere processuale del giudice di merito di "indagare" sui caratteri della nuova relazione dell'avente diritto all'assegno.
La vicenda
La pronuncia in esame ha avuto origine da un ricorso in Cassazione proposto dall'ex marito avverso la sentenza della Corte d'appello che aveva a lui addebitato la separazione per avere abbandonato la casa coniugale, imponendogli il pagamento di un assegno di mantenimento a favore della moglie. La Corte d'Appello aveva ritenuto non provata la convivenza di fatto stabile e continuativa della moglie con altra persona, al fine di giustificare l'eliminazione o la riduzione dell'assegno, sebbene la stessa avesse avuto anche una figlia con un altro uomo.
I motivi del ricorso
Il ricorrente deduceva, con il primo ed il secondo motivo, la nullità o inesistenza della motivazione, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 146 e 151 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c.: in particolarenon condivideva l'esito del giudizio di secondo grado in relazione alla valutazione delle prove riguardanti l'abbandono dell'abitazione coniugale da parte sua, avendo la Corte d'Appello escluso sia che egli fosse stato mandato via di casa dalla moglie sia che la decisione del marito fosse stata determinata dall'infedeltà della moglie, essendo quest'ultima risalente a un periodo successivo e, quindi, non potendo essere considerata causa scatenante l'intollerabilità della convivenza.
Con il terzo e quarto motivo di ricorso denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 143, 151, 156 e 2697 c.c., artt. 115, 116 e 244 c.p.c.: nello specifico censurava la sentenza impugnata per l'erroneità della decisione, per avere ritenuto non provata la relazione extraconiugale della moglie sebbene egli avesse chiesto di provarla con un capitolo di prova, non ammesso, pertinente e specifico che era volto a dimostrare anche la convivenza stabile e continuativa della moglie nella stessa casa coniugale con un altro uomo, con il quale aveva generato una figlia; la suddetta relazione avrebbe fatto venire meno il suo obbligo di pagamento dell'assegno di mantenimento, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità sul punto.
La decisione
La Corte di Cassazione con la sentenza in epigrafe del 27 giugno 2018, n. 16982, dichiara inammissibili i primi due motivi del ricorso ed lo accoglie limitatamente agli altri motivi ritenuti fondati, cassando con rinvio la sentenza impugnata.
Sul punto controverso e preso in esame dalla Suprema Corte, è stato osservato che il ricorrente aveva articolato una prova specifica, diretta a dimostrare la relazione extraconiugale intrattenuta dalla moglie.
Da ciò derivava non solo la non addebitabilità della separazione, ma anche l'insussistenza delle condizioni per imporgli l'obbligo di corrisponderle l'assegno di mantenimento, per avere la moglie instaurato una convivenza stabile e continuativa con un altro uomo.
Argomenta la Corte, ritenendo che i giudici di merito non hanno ammesso la suddetta prova (riportata in ricorso) in ragione della sua genericità ma senza tenere conto della facoltà del giudice, che consiste in un dovere processuale, di porre ai testi domande utili a chiarire se la relazione extraconiugale si sia tramutata in una convivenza avente i caratteri della stabilità e continuità, idonea a conferire un grado di certezza al rapporto di fatto, anche tenuto conto della circostanza rilevante, seppur non decisiva (Cass. n. 2709/2009), dell'eventuale nascita di un figlio.
La Suprema Corte nel richiamare la giurisprudenza di legittimità sul punto, ha chiarito la differente rilevanza della convivenza more uxorio con un'altra persona a seguito rispettivamente di una pronuncia di divorzio e di separazione.
Ha ribadito infatti che in tema di assegno divorzile,è acquisito il condivisibile principio secondo il quale l'instaurazione da parte del coniuge di una nuova famiglia, ancorché di fatto, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno a carico dell'altro coniuge, rescindendo ogni connessione con il modello di vita caratterizzante la pregressa fase di convivenza matrimoniale; il relativo diritto rimane definitivamente escluso, essendo la formazione di una famiglia di fatto - costituzionalmente tutelata ai sensi dell'art. 2 Cost., come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell'individuo espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole (Cass. n. 2466/2016, n. 6855/2015).
Invece, diversamente dallo scioglimento e dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, la separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale e l'attualità del dovere di assistenza materiale, realizzandosi solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione; diversamente dalla solidarietà postconiugale, che è presupposto dell'assegno di divorzio, la separazione instaura un regime che tende a conservare il più possibile gli effetti propri di un matrimonio che è ancora in vita, compatibili con la cessazione della convivenza, e per questo può dirsi che l'assegno di mantenimento sia astrattamente dovuto come continuazione dell'obbligo di assistenza materiale tra i coniugi, a normadell'art. 143 c.c.(Cass. n. 12196/2017, n. 11504/2017).
Specifica la Corte di Cassazione che "la decisione di intraprendere una nuova convivenza è assunta da una persona che è ancora coniugata, in una fase delicata e temporanea della vita che potrebbe ancora sfociare nella riconciliazione dei coniugi, quindi non sempre è espressione di una compiuta scelta esistenziale implicante una reale progettualità di vita, qual è quella propria della convivenza con altra persona, la quale fa sorgere obblighi di "reciproca assistenza morale e materiale" (v. L. n. 76 del 2017, art. 1, comma 36).
L'assegno deve essere idoneo ad assicurare al coniuge separato tendenzialmente un tenore di vita analogo a quello che egli aveva prima della separazione (Cass. n. 12196/2017) e tuttavia esso è dovuto "sempre che (il coniuge richiedente) non fruisca di redditi propri tali da fargli mantenere una simile condizione" (Cass. n. 14840/2006), dovendo l'assegno essere pur sempre "necessario al suo mantenimento", ai sensi dell'art. 156 c.c.
Da ciò deriva, a parere della Suprema Corte, un particolare onere probatorio a carico del coniuge tenuto ad elargire l'assegno di mantenimento alla ex moglie: il diritto all'assegno di mantenimento può essere negato o eliminato se il coniuge debitore (convenuto nel giudizio per l'attribuzione dell'assegno o attore in quello per l'eliminazione o la revisione dello stesso) dimostra che l'altro coniuge abbia instaurato una convivenza more uxorio con altra persona che assuma i caratteri della stabilità, continuatività ed effettiva progettualità di vita, presumendosi in tal caso che le disponibilità economiche di ciascun convivente siano messe in comune nell'interesse del nuovo nucleo familiare.
La convivenza stabile e continuativa con altra persona deve ragionevolmente assumersi come fattore la cui prova è a carico del coniuge che si oppone all'attribuzione dell'assegno, trattandosi di un fatto potenzialmente impeditivo o estintivo del diritto azionato - che fa presumere la cessazione o l'interruzione dell'obbligo di mantenimento. La convivenza, diversamente che in passato (v. Cass. n. 12557/2004), non può ritenersi "di per sé neutra", incidendo direttamente sulla valutazione dell'adeguatezza dei mezzi e sulla quantificazione dell'assegno eventualmente riconosciuto.
In tema di prova a carico della ex moglie destinataria dell'assegno, la Suprema Corte sottolinea che- per il principio di vicinanza della prova – è sua facoltà allegare e dimostrare che quella convivenza non influisca in melius sulle proprie condizioni economiche, restando i suoi redditi complessivamente "inadeguati" a fargli conservare tendenzialmente il tenore di vita coniugale.
Prova che può essere data dal medesimo coniuge richiedente con ogni mezzo anche in via presuntiva e che possa fare ritenere - soprattutto con riferimento al tenore di vita e ai redditi della persona convivente, secondo il prudente apprezzamento del giudice - che dalla convivenza egli non tragga benefici economici idonei a giustificare il diniego, l'eliminazione o la riduzione dell'assegno, in relazione al complesso delle circostanze del caso concreto.
La massima espressa dalla Corte di Cassazione, la seguente:
il Giudice di merito ha la facoltà - che consiste in un dovere processuale - di porre ai testi domande utili a chiarire se la relazione extraconiugale si sia tramutata in una convivenza avente i caratteri della stabilità e continuità, idonea a conferire un grado di certezza al rapporto di fatto, anche tenuto conto della circostanza rilevante, seppur non decisiva, dell'eventuale nascita di un figlio.
In allegato il testo integrale della sentenza.