Di Anna Sblendorio su Lunedì, 28 Febbraio 2022
Categoria: Il caso del giorno da 9/2019 - diritto e procedura civile

Notifica della sentenza all'avvocato che agisce personalmente. Decorrenza del termine breve per impugnare

Con sentenza n.2472/2022 del 27/01/2022 la Corte di cassazione III sezione civile, affrontando nuovamente la questione, ha affermato che, nel caso in cui il legale che agisce per se stesso ex art.86 c.p.c. la notifica della sentenza a lui destinata eseguita presso la sua residenza, anziché presso il suo studio professionale, è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare e l'impugnazione della sentenza che dichiara inammissibile l'appello per mancato rispetto del suddetto termine integra l'abuso del processo sanzionabile ex art.96 c.p.c. (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

I fatti di causa

Il ricorrente, agendo quale legale di se stesso ex art. 86 c.p.c., ha proposto opposizione avverso atto di precetto, deducendo l'inesigibilità del credito azionato in via esecutiva.

Il Tribunale ha rigettato l'opposizione. Conseguentemente il ricorrente ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, ma in sede di gravame la Corte d'appello ha dichiarato inammissibile l'impugnazione della sentenza. Ciò in quanto, a parere della Corte d'appello, avendo l'appellante agito in primo grado senza l'assistenza di un difensore ex art.86 c.p.c., la notifica della sentenza appellata a fini esecutivi ex art. 479 c.p.c., compiuta personalmente presso la sua residenza, è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare. Termine che non è stato rispettato dall'appellante. 

 Il ricorrente, quindi, ha proposto ricorso per cassazione denunziando la violazione o falsa applicazione dell'art.474 c.p.c.. A sostegno delle sue ragioni il ricorrente ha affermato che:

La parti resistenti si sono costituite in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità ai sensi dell'art. 360-bis, comma 1, n. 1), c.p.c., con condanna del ricorrente anche ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c.

La questione è così giunta al vaglio dei giudici di legittimità.

La decisione della Corte di Cassazione

Sul punto i giudici di legittimità hanno ricordato il proprio costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale "la notificazione della sentenza eseguita personalmente alla parte che, rivestendo la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, sia stata in giudizio di persona senza il ministero di altro procuratore, è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione, a nulla rilevando che la notifica sia avvenuta in forma esecutiva e contestualmente al precetto ai sensi dell'art. 479 cod. proc. civ." (cfr. Cass. Sez. 6-3, ord. 21 luglio 2017, n. 18053, Cass. Sez. 2, sent. 23 giugno 2011, n. 13772, Cass. Sez. 2, sent. 20 giugno 2011, n. 13536, Rv. 618254-01 e Cass. Sez. 2, sent. 12 maggio 2017, n. 11972, richiamate).

 Quanto all'orientamento giurisprudenziale invocato dal ricorrente, la Corte di Cassazione ha ritenuto che non possa essere applicato nel caso di specie in considerazione del fatto che quella decisione riguarda le ipotesi in cui le persone della parte e del suo procuratore domiciliatario sono diverse (così Cass. Sez. 6-3, ord. n. 18053 del 2017, cit.). A parere della Suprema corte, pertanto, nel caso in cui la parte e il procuratore coincidano "ciò che rileva, ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, non è infatti la volontà della parte che ha chiesto la notifica, ma la circostanza che l'opportunità dell'impugnazione possa essere verificata da un soggetto qualificato a farlo; ciò rendendo effettiva, per la parte, la tutela a tal fine predisposta dall'ordinamento" (Cass. Sez. Un., sent. 13 giugno 2011, n. 12898 richiamata).

Tra l'altro, la Corte ha evidenziato che affermare che la notifica della sentenza eseguita presso la residenza del legale destinatario dell'atto, anziché presso il suo studio professionale, non sia idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, equivarrebbe a sostenere che il legale debba essere considerato improvvisamente privo della qualificazione tecnica necessaria per valutare l'opportunità dell'impugnazione, laddove proprio in ciò consiste la "ratio" della necessità della notifica al procuratore e non alla parte personalmente.

Quanto alla questione relativa alla condanna del ricorrente ex art.96, comma 3, c.p.c., la Corte, ha ricordato che la ratio della norma consiste nell'abuso del processo ed ha rilevato nel caso di specie la sussistenza di tale abuso. Ciò sia perché sussiste di più di un precedente specifico riguardante proprio impugnazioni di analogo tenore rispetto a quella esperita dal ricorrente, sia perché l'abuso dello strumento impugnatorio, risulta integrato in caso di "proposizione di un ricorso dai contenuti estremamente distanti dal diritto vivente e dai precetti del codice di rito, come costantemente e pacificamente interpretati dalle Sezioni Unite" (Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2019, n. 17814).

Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ex art. 360-bis, comma 1, n. 1), c.p.c. ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio e di un'ulteriore somma ex art. 96, comma 3, c.p.c. 

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