La nomina del commissario ad acta se non richiesta dal soggetto interessato all'esecuzione della decisione, e se richiesta, invece, dalla sola amministrazione che resta inadempiente, non potrà essere disposta in quanto sarebbe in violazione ai principi di economicità e buon andamento dell'azione amministrativa.
Questo ha statuito il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, con sentenza n. 707 del 14 luglio 2021 (http://giustizia-amministrativa.it).
Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici amministrativi.
I fatti di causa
Le società ricorrenti hanno chiesto il risarcimento per equivalente, in subordine all'assegnazione, da parte delle amministrazioni resistenti, del contratto d'appalto, risultata, detta assegnazione, impossibile a causa dell'ultimazione dei lavori oggetto della gara. La richiesta di parte ricorrente è stata accolta, ma la decisione non ha individuato direttamente l'ammontare della somma dovuta, limitandosi a dettare i criteri di quantificazione. Sono, quindi, stati assegnati alle amministrazioni intimate novanta giorni per formulare alle ricorrenti una proposta in conformità alle indicazioni riportate nella motivazione. È accaduto che le amministrazioni intimate hanno presentato alle società ricorrenti un'offerta che queste ultime non hanno ritenuto congrua.
Così, le ricorrenti hanno notificato alle intimate un "Atto stragiudiziale dichiaratorio e di diffida" al pagamento di un importo totalmente diverso da quello dell'offerta. L'amministrazione, stante il sostanziale disaccordo sulla quantificazione del risarcimento, hanno chiesto la nomina di un commissario ad acta, ai fini dell'esecuzione della sentenza. A loro volta, le ricorrenti hanno chiesto la dichiarazione dell'obbligo delle intimate al risarcimento del danno nell'importo indicato nel predetto atto stragiudiziale e in via istruttoria la consulenza tecnica d'ufficio ai fini della quantificazione del risarcimento del danno. Esse non si sono associate alla richiesta del commissario ad acta formulata dalle resistenti.
La decisione del CGA
Innanzitutto occorre far rilevare che l'art. 34, comma 4 c.p.a. stabilisce che "in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall'accordo concluso, […] possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l'adempimento degli obblighi ineseguiti".
Questa richiesta va formulata nelle forme rituali del ricorso per ottemperanza, ossia mediante un atto ad hoc notificato. Orbene, nel caso di specie, il giudizio introdotto dalle ricorrenti, è stato definito con una decisione che detta solo i criteri di quantificazione dell'ammontare della somma dovuta e sebbene le ricorrenti medesime abbiano, nell'atto introduttivo, chiesto oltre alla condanna degli enti resistenti al risarcimento, anche la nomina di un commissario ad acta, esse per la determinazione della somma non hanno formulato una richiesta nelle forme rituali del ricorso per ottemperanza. In carenza, sulla domanda di quantificazione non si può provvedere. Né può colmare tale carenza la richiesta dell'amministrazione resistente di nomina di un commissario ad acta e ciò in considerazione del fatto che tale figura ha il compito di dare attuazione, in sostituzione dell'amministrazione inadempiente, al decisum contenuto in sentenza, ossia ha il compito di dare attuazione a obblighi a cui l'amministrazione stessa non può scientemente sottrarsi, decidendo di non adempiere e accollando tale compito a un soggetto che rappresenta la longa manus del giudice. Infatti, il commissario ad acta è organo del giudizio di ottemperanza ed è organo straordinario. Per tal verso, sarebbe priva di causa la nomina del commissario ad acta in carenza di rituale richiesta da parte del soggetto interessato all'esecuzione della decisione, e tanto meno a seguito di richiesta da parte dell'amministrazione che decida di non svolgere i propri compiti, in spregio ai principi di economicità e buon andamento dell'azione amministrativa.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Consiglio di giustizia amministrativa ha respinto l'istanza dell'amministrazione.