Di Paola Moscuzza su Martedì, 20 Giugno 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Su internet durante orario di lavoro, Cassazione: si a licenziamento

 

Se a seguito di un uso sistematico e ripetuto di internet per motivi non attinenti alla prestazione lavorativa, il dipendente viene licenziato, tale licenziamento è giustificato. Egli ha leso l´obbligo di correttezza e buona fede.
 
Questa la sorte che è toccata ad un dipendente di una SpA, stabilita dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con sentenza n. 14862/17 depositata il 15 giugno.
 
Una società comunicava il licenziamento ad un suo dipendente per aver abusato della connessione internet sul posto di lavoro.
 
La Corte d´Appello di Bologna, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarava legittimo detto licenziamento ma, considerando l´assenza di precedenti disciplinari a carico del lavoratore, e che la condotta contestata non aveva inciso sull´ attività professionale, conseguendone una gravità del danno sofferta dal datore di lavoro abbastanza contenuta, convertiva il recesso per giusta causa in recesso per giustificato motivo soggettivo.
 
Avverso tale pronuncia, reputando la sanzione (anche dopo al conversione in licenziamento per giustificato motivo soggettivo) assolutamente sproporzionata rispetto ai fatti contestati, ricorreva per Cassazione il lavoratore, eccependo una serie di motivi.
Il dipendente lamentava la violazione, ad opera del datore di lavoro, dell´ obbligo, contenuto nel CCNL, di comunicare al dipendente il provvedimento disciplinare entro 15 giorni successivi alle sue giustificazioni.
Con ulteriore motivo, il ricorrente lamentava il non aver considerato, i giudici del merito, di non aver ricevuto comunicazione del regolamento aziendale e che, pertanto, non era stato edotto dal proprio datore di lavoro, sulle modalità a cui si sarebbe dovuto attenere nell´utilizzo della strumentazione affidatagli.
 
La Cassazione sul punto affermava che, il datore di lavoro non è onerato della pubblicità del codice disciplinare quando abbia a contestare un comportamento che manifestamente sia in contrasto con all´ etica comune, o si concretizzi in un grave o notevole inadempimento dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, come gli obblighi di diligenza e di fedeltà (Cass. n. 14615/2000 ; n. 6134/2001; n. 23120/2004). E infatti nel caso di specie, sarebbe stato sufficiente tenere presenti elementari regole del vivere comune per far luce sulla condotta da doversi tenere.
 
Altra rimostranza espressa dal ricorrente, la violazione del Testo Unico sulla Privacy, per il fatto che, a suo dire, la lettera di contestazione riportava dati personali, e così protestava per le conseguenze relative alle modalità di trattamento e utilizzo degli stessi.
 
Ebbene, respinta anche questa eccezione, la Corte chiariva che la società non avesse affatto visualizzato i siti su cui aveva navigato il dipendente, né la tipologia dei dati da questo scaricati, né se tali dati fossero stati salvati sul computer, ma che invece avesse solamente contestato la data, l´ora, la durata della connessione e l´importo del traffico, tutti dati che, non potendo ricondurre ad elementi che si riferiscono alla persona, come ad esempio le sue scelte, attitudini politiche, religiose, culturali, sessuali, non possono definirsi personali.
 
Per ultima, si recriminava la violazione dell´articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, norma che disciplina il controllo a distanza dell´attività del lavoratore . I supremi giudici affermavano, a tal proposito, che, "tale norma non si applica per attività volta a individuare la realizzazione di comportamenti illeciti da parte del dipendente, idonei a ledere il patrimonio aziendale sotto il profilo della sua integrità e del regolare funzionamento e della sicurezza degli impianti", che quindi i cosiddetti "controlli difensivi", sono sempre ammessi.
Tanto puntualizzato, la Cassazione rigettava il ricorso, con condanna alle spese di giudizio.
 
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza, presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.
 
 
 
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