Con la pronuncia in commento, la n. 51890 depositata lo scorso 23 dicembre 2019, la Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un soggetto più volte assolto per vizio totale di mente nei confronti del quale il Tribunale di sorveglianza aveva disposto l'aggravamento della misura di sicurezza della libertà vigilata originariamente adottata in quella del ricovero in R.E.M.S. (residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza).
Il Tribunale aveva infatti osservato come il ricorrente avesse tenuto condotte aggressive della specie di quelle che erano state all'origine dei suoi precedenti giudiziari anche nella struttura che lo ospitava per l'esecuzione della misura.
Secondo il Tribunale ciò dimostrava l'accentuata pericolosità del soggetto e giustificava l'adozione di un provvedimento di rigore nei suoi confronti.
Nel ricorso invece la difesa aveva rilevato come gli episodi descritti non rivestissero una gravità tale da vanificare il percorso terapeutico intrapreso in corso di misura di sicurezza negli ultimi due anni.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato.
Anzitutto, osserva la Corte, la decisione di aggravamento dell'indicata misura di sicurezza, rientra nel potere discrezionale del giudice di sorveglianza, rispetto al quale le uniche censure possono riguardare la violazione del principio di residualità della misura detentiva di ordine psichiatrico e la carenza di una motivazione congrua ai fini dell'aggravamento.
Ciò posto, La Corte ha anche chiarito il principio di diritto che deve guidare l'analisi del giudice ai fini di applicazione della misura di sicurezza sia in sede di applicazione della pena che in sede di accertamento prodromico alla sua esecuzione ovvero di proroga o revoca.
In tema di misure di sicurezza personali, il D.L. n. 211 del 2011, art. 3-ter, conv. dalla L. n. 9 del 2012 (modificato con D.L. n. 52 del 2014, conv. dalla L. n. 81 del 2014) pone il principio di residualità delle misure di carattere detentivo nei confronti del soggetto infermo (o seminfermo) di mente, in base a cui il giudice deve scegliere una misura diversa dal ricovero in R.E.M.S., salvo quando siano acquisiti elementi che indichino l'inadeguatezza della misura stessa ad assicurare le cure necessarie e a contenere la pericolosità sociale del suo destinatario (Sez. 6, n. 30461 del 22/06/2016, Torres, Rv. 267671-01; Sez. 6, n. 49469 del 18/11/2015, VDM., Rv. 265906-01).
Il giudice dell'esecuzione, di rimando, non può disporre in peius rispetto a quanto deciso dal giudice della cognizione, a meno che non si verifichino episodi di recrudescenza o tali da far ritenere non altrimenti fronteggiabile la pericolosità sociale.