Con la sentenza in commento la n. 23930, depositata lo scorso 12 agosto, la seconda sezione della Corte di Cassazione ha precisato il tipo di sindacato che la Corte di legittimità può compiere su decisioni giudiziali di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali e personali e ha specificato quale sia la prova liberatoria che il ricorrente deve fornire per evitare l'applicazione della confisca (misura di prevenzione).
Nel caso di specie, il ricorrente si era visto applicare la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per tre anni oltre all'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale (confisca) di un immobile e di un terreno di sua proprietà nella disponibilità di sua moglie che lo aveva acquistato come sua procuratrice.
La corte di appello aveva revocato l'applicazione della misura personale, ma aveva mantenuto quella patrimoniale.
Con il proprio ricorso per cassazione la difesa deduceva violazione di legge e mancanza assoluta di motivazione della decisione che aveva confermato l'applicazione della confisca.
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto ha ricordato come il sindacato di legittimità sul provvedimento della Corte di Appello in materia di misure di prevenzione possa riguardare solo la violazione di legge e, qualora la censura riguardi la motivazione, solo casi di sua inesistenza o apparenza.
Ciò esclude che possano essere oggetto di censura la "sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato".
Ciò detto, la Corte in un passaggio della motivazione ha affrontato anche una tematica concernente il riparto dell'onere della prova richiamando altre sue precedenti pronunce del medesimo tenore: "in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l'onere di allegazione difensiva in ordine alla legittima provenienza dei beni non può essere soddisfatto con la mera indicazione della esistenza di una provvista sufficiente per concludere il negozio di acquisto degli stessi, dovendo invece indicarsi gli elementi fattuali dai quali il giudice possa dedurre che il bene non sia stato acquistato con i proventi di attività illecita, ovvero ricorrendo ad esborsi non sproporzionati rispetto alla sua capacità reddituale (cit. Sez. 6, n. 21347 del 10/04/2018, Salanitro, Rv. 273388)".
In materia di misure di prevenzione è dunque la difesa a dover dare la prova liberatoria affinchè non trovi applicazione la confisca.