Di Elsa Sapienza su Giovedì, 06 Aprile 2023
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Mediazione Familiare e riforma Cartabia.

 L'istituto della mediazione familiare consiste in un percorso volto alla riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito a separazione o divorzio.

Non si tratta a ben vedere di una forma di ADR (alternative disputive resolution), ma, di una scelta volontaria da parte dei genitori che decidono di avviare questo percorso al fine di arrivare ad un nuovo equilibrio mettendo al centro di tutto l'interesse dei minori.

Si tratta di un percorso cui è possibile aderire dopo aver ricevuto una corretta informativa e gli avvocati hanno l'obbligo di informare i propri assistiti di questa possibilità.

Il Mediatore Familiare è quindi un professionista, terzo imparziale, dotato di una preparazione specifica, che, in un contesto strutturato, sollecitato dalle parti ed in autonomia dall'ambito giudiziario, si adopera affinchè i partner elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possono esercitare la comune responsabilità genitoriale, nel rispetto della comune bigenitorialità.

Da tale definizione emergono chiaramente i requisiti del Mediatore, terzo neutrale rispetto alle parti ed al contesto giudiziario, il quale non deve risolvere le controversie, ma ha il principale compito di far recuperare ai genitori la comunicazione interrotta così da raggiungere degli accordi più adeguati nell'interesse della prole non tanto risolvendo il conflitto, quanto aiutandolo ad avere strumenti adeguati che consentano loro di attraversarlo nella consapevolezza che si può non essere più marito e moglie, ma, genitori si resta per sempre. 

Orbene, prima della riforma, la mediazione familiare veniva già richiamata in alcune norme: l'art. 155 sexies c.c. in cui il Giudice qualora ne ravvisasse l'opportunità poteva, sentite le parti ed ottenuto i loro consenso, rinviare l'emanazione dei provvedimenti ex art 155 c.c per consentire ai coniugi di tentare una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.

Tale contenuto è stato riportato nel successivo art. 337 octies c.c., ora abrogato, e poi nell'attuale art 473 punto 10 2°comma bis c.p.c.; inoltre, l'art. 473 bis 43 c.p.c. prevede il divieto di intraprendere un percorso di M.F. in presenza di violenza ed è obbligatorio se la M.F. è stata già avviata ed emergono abusi o violenze, che venga immediatamente interrotta.

La riforma ha previsto altresì che il giudice, sin dal decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, informi le parti della possibilità di avvalersi della M.F. (art. 473 bis 14 c.p.c.); così come l'art. 473 bis 10 c.p.c. che il Giudice in ogni momento possa invitarle a rivolgersi ad un Mediatore.

Ma la norma che più valorizza tale figura è il novellato art. 337 ter c.c. il quale recita "Il giudice prende atto…degli accordi intervenuti tra i genitori, in particolare qualora raggiunti all'esito di un percorso di M.F.".

Inoltre ulteriore passo avanti è stato quello di aver previsto per la prima volta l'istituzione di un elenco di mediatori familiari, tenuto dal Presidente del Tribunale, in cui possono iscriversi coloro che sono iscritti da almeno 5 anni ad una delle associazioni di categoria professionale, muniti di adeguata formazione e specifica competenza nella disciplina giuridica della famiglia nonché in materia di tutela dei minori.

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