Di Paola Moscuzza su Sabato, 11 Novembre 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Pugni e percosse a donna "in carriera" da coniuge. Difesa: "non erano programmate", SC rigetta e condanna

 

Con sentenza n. 49997/2017 depositata il 31 ottobre 2017 la Sezione Sesta Penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da un uomo invalido che, non condividendo né tollerando l´ascesa lavorativa della moglie, la ostacolava nel compiere le sue scelte con violenze fisiche e psicologiche.
 
L´uomo, esausto degli eccessivi impegni lavorativi della moglie, a suo dire per nulla conciliabili con una vita di coppia, dava libero sfogo alla sua rabbia con minacce di morte, percosse, pugni, tirate di capelli, e ingenerava nella donna un timore tale che questa chiedeva perfino aiuto e ospitalità a parenti e vicini, per paura di essere aggredita nel sonno.
 
Condannato per maltrattamenti ex art. 572 cod. pen , l´uomo adiva la Suprema Corte di Cassazione.
 
In ricorso, la lamentata violazione di legge, in quanto la sentenza d´appello si sarebbe basata esclusivamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, vaghe e generiche, nonché relative a sporadici episodi di normali discussioni tra i coniugi, sorvolando invece sulle dichiarazioni a favore dell´imputato, da cui emergeva il quadro di una coppia "normale".
 
Erano state inoltre prese in considerazioni, delle dichiarazioni "de relato" di alcuni amici della vittima, depositari delle confidenze della stessa, ma su cui occorreva fortemente dubitare, dato che ciò che realmente accade fra le mura domestiche, lo sa solo chi vi abita.
 
Eccepiva poi la difesa, "l´assenza di un programma criminoso animato dalla volontà unitaria di vessare la moglie ".
A fondamento del rigetto del ricorso in Cassazione i seguenti motivi.
 
Le dichiarazioni della persona offesa, spiega la Corte, "possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell´affermazione di penale responsabilità dell´imputato, dopo una verifica sulla sua credibilità" (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell´Arte, Rv. 253214).
 
Qualora poi la persona offesa si costituisca parte civile, si procede ad un riscontro delle sue dichiarazioni con altri elementi, attività a cui la Corte d´Appello, nel caso di specie, aveva approfonditamente proceduto.
 
Sull´ elemento soggettivo, la Corte ha dimostrato il dolo generico. Nel reato abituale, infatti, il dolo non richiede la sussistenza di uno specifico programma criminoso, verso il quale le condotte siano finalizzate, ma è sufficiente la consapevolezza dell´autore del reato di persistere in un´attività delittuosa, già posta in essere in precedenza, idonea a ledere l´interesse tutelato dalla norma incriminatrice (tra tante, Sez. 6, n. 15146 del 19/03/2014, D´A, Rv. 259677).
 
Da ultimo l´osservazione chiarificatrice degli Ermellini secondo cui bene giuridico oggetto di tutela dell´art. 572 è non solo "la salvaguardia della famiglia da comportamenti violenti e vessatori", ma anche " la difesa dell´incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari"

 
Scritto da Dott.ssa Paola Moscuzza
 
 
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