Con ordinanza n. 18725 del 13 luglio 2018, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio, secondo cui il diritto di preuso di un segno distintivo, anche se debole, si pone su un piano diverso dalla registrazione di quest'ultimo. E ciò in considerazione del fatto che il diritto di uso dell'imprenditore-preutente del marchio debole è nel territorio del preuso in esclusiva, con l'ovvia conseguenza che la registrazione successiva da parte di altri potrà essere dichiarata nulla, anche per decettività, in rapporto ai segni confliggenti. Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione dei Giudici di legittimità. La ricorrente è una società operante nell'ambito della commercializzazione di giocattoli di importazione dall'oriente. Tali prodotti sono caratterizzati da confezioni studiate ad hoc a prezzi contenuti. È accaduto che una società, sua cliente, ha posto in essere condotte configurabili in un'illecita concorrenza per confusione tra prodotti e tra aziende, nonché attività parassitaria rispetto alle linee di prodotti e modalità di azione gestionale, usurpandone la grafica studiata proprio per la ricorrente. Quest'ultima, inoltre, ha lamentato che il comportamento assunto dalla cliente integrasse concorrenza sleale per attività confusoria a causa dell'uso di segni distintivi altrui, per imitazione servile, per attività parassitaria e per la presentazione in mala fede di domanda di registrazione di marchi contraffatti. In virtù di quanto detto, ha agito in giudizio al fine di chiedere l'inibitoria di tutti questi comportamenti. Sennonché, la domanda della ricorrente è stata rigetta sia dal Tribunale che dalla Corte d'Appello. Il caso è giunto dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Innanzitutto, appare opportuno far rilevare, che la questione in esame riguarda il preuso di marchi di fatto ad opera della ricorrente e la successiva registrazione da parte della società cliente di segni distintivi confliggenti.
Secondo i Giudici di secondo grado tali segni distintivi non possono godere del regime di tutela vigenti in materia di marchi e ciò in considerazione del fatto che la ricorrente non ha provatola preesistente commercializzazione; prova, questa, che avrebbe dovuto essere particolarmente rigorosa stante la scarsa capacità distintiva degli stessi pretesi marchi. Infatti, a parere della Corte d'Appello, nella fattispecie in esame, poiché i marchi, oggetto della contestazione, sono marchi di fatto, privi della capacità distintiva perché derivanti da termini di uso comune, sarebbe stata ancor più necessaria la prova della preesistente commercializzazione. Di diverso avviso sono i Giudici di legittimità. A dire di questi ultimi, secondo l'orientamento costante della giurisprudenza il preutente ha il diritto all'uso esclusivo del segno, ossia ha il potere di avvalersene che è distinto da ogni successiva registrazione corrispondente alla denominazione da lui usata, la quale si pone su un piano diverso rispetto al diritto di preuso, sicché ben può una tale registrazione essere dichiarata nulla, anche per decettività, in rapporto ai segni confliggenti (Cass. 2499 del 01/02/2018; cfr. anche Cass. n. 14342 del 26/09/03, n. 22350 del 02/11/2015, n. 23393 del 16/11/2015). Tale principio, secondo la Suprema Corte di Cassazione, si desume dal combinato disposto degli artt. 12 e 28 del D.Lgs. n. 30 del 2005 (Codice della proprietà industriale). La prima norma fa riferimento proprio al requisito della novità che un segno distintivo deve possedere. Secondo tale disposizione […] l'uso precedente del segno, quando non importi notorietà di esso, o importi notorietà puramente locale, non toglie la novità, ma il terzo preutente ha diritto di continuare nell'uso del marchio, anche ai fini della pubblicità, nei limiti della diffusione locale...".
A norma del successivo art. 28 (Convalidazione) su richiamato, è previsto che il titolare di un marchio d'impresa anteriore ai sensi dell'articolo 12 e il titolare di un diritto di preuso che importi notorietà non puramente locale potranno domandare la dichiarazione di nullità del marchio posteriore e opporsi all'uso dello stesso per i prodotti o servizi in relazione ai quali il detto marchio è stato usato. Ciò sarà possibile se tali soggetti non abbiano tollerato per cinque anni consecutivi l'uso del marchio posteriore registrato uguale o simile. Orbene, proprio sulla base di questo quadro normativo, secondo la Corte di Cassazione, il marchio della ricorrente va tutelato anche se non è registrato e se si tratta di segno distintivo qualificabile come marchio debole. Infatti, a parere dei Giudici di legittimità, tale circostanza non incide sull'attitudine di tale tipo di marchio alla registrazione, ma solo sull'intensità della tutela. La differenza tra marchio debole e marchio forte sta nel fatto che le modifiche apportate a quest'ultimo se lasciano inalterata l'identità sostanziale o il nucleo ideologico espressivo, costituente l'idea fondamentale, in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, sono considerate contraffattive. Per il marchio debole, invece, lievi modifiche sono sufficienti per escludere il rischio di confondibilità e di contraffazione. Ne discende che anche per i marchi deboli potrà essere provato il preuso e ci si potràopporre alla registrazione di quelli che risulteranno contraffattivi nel territorio in cui i primi sono preusati. La prova di tale circostanza potrà essere fornita anche a mezzo testimoni; una prova, questa che, tuttavia, andrà valutata, comparandola come le altre risultanze processuali. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la Corte di Cassazione, pertanto, ha ritenuto che, nel caso in esame, la decisione impugnata fosse da riesaminare e per tal verso ha accolto il ricorso, cassando la sentenza di secondo grado con rinvio alla Corte di appello in diversa composizione.