Lo sciopero rappresenta un diritto soggettivo, fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore.
Lo sciopero, previsto dalla Costituzione all'articolo 40 ha avuto una lunga e travagliata evoluzione: in un primo momento è stato represso e considerato un vero e proprio reato, in un secondo momento "tollerato" e solo con l'avvento della Costituzione riconosciuto espressamente e solennemente come diritto soggettivo.
Il diritto di sciopero è soggetto sia a limiti esterni che a limiti interni, ed i primi possono essere suddivisi a loro volta in limiti soggettivi ed oggettivi.
I limiti soggettivi fanno riferimento ai titolari del comportamento attuativo, quelli oggettivi fanno riferimento al fine perseguito; i primi, in particolar modo afferiscono all'ammissione dello sciopero per alcune categorie di soggetti quali i dipendenti pubblici, i militari e le forze di Polizia nonché i marittimi.
In ordine ai Pubblici dipendenti, a seguito della "privatizzazione" del Pubblico Impiego, non v'è dubbio sull'ammissibilità dello sciopero dichiarato dai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni; a conclusioni diametralmente opposte si giunge in riferimento ai militari ed agli appartenenti alla Polizia di Stato per i quali è ritenuto assolutamente inammissibile lo sciopero soprattutto per il fatto che la loro astensione dal lavoro verrebbe a ledere beni di particolare rilievo quali il bene all'integrità fisica, della difesa Nazionale etc.
Per i marittimi la "vexata quaestio" è ancora aperta in quanto l'astensione dal lavoro in corso di navigazione potrebbe configurare il reato di ammutinamento.
Venendo ai limiti oggettivi al diritto di sciopero riguardano, come anticipato, la finalità perseguita tramite lo sciopero.
In tal senso si è a lungo discusso sulla legittimità dello sciopero proclamato per interessi estranei alla sfera di disponibilità del datore di lavoro.
In tal senso la giurisprudenza ritiene prevalentemente che lo sciopera possa essere configurato come legittimo anche quando non sia legato a rivendicazioni retributive e riguardi piuttosto la tutela di interessi dei lavoratori secondo un accezione più ampia.
Andando poi ad analizzare i c.d. limiti interni del diritto di sciopero gli stessi vengono in rilievo in relazione a scioperi realizzati con modalità anomale (pensiamo alle diverse forme di scioperi articolati: sciopero a singhiozzo, a scacchiera, sciopero parziale).
Tuttavia negli anni si è assistito ad un mutamento di orientamento da parte della Cassazione che ha precisato come la nozione di sciopero vada letta in chiave dinamica ,facendo cioè riferimento al modo in cui lo stesso viene letto dalla prassi delle relazioni industriali, ed in tal senso per molte forme di "lotta", seppure non rientranti nella nozione conosciuta di sciopero, va ammessa l'applicazione diretta dell'articolo 40 della Costituzione che ne legittima la pratica.
Per quanto detto teoria dei limiti interni, il cui fondamento giuridico era da rinvenire nella mancanza di corrispettività tra l'attività posta in essere dal prestatore di lavoro ed il danno arrecato al datore di lavoro ( concetto aggi superato dalla differenza tra danno alla produzione ed alla produttività, dove solo il primo può considerarsi legittimo), non è più una teoria di rilievo.