Stavo per compiere quattro anni, nella seconda decade del mese di luglio 1943, quando dalla campagna, dove eravamo stati nascosti per alcuni giorni, rientravamo al paese.
Era stato detto che oramai non c'era più pericolo e che, per grazia ricevuta, il nostro paese, Niscemi, era stato risparmiato dai bombardamenti dei giorni precedenti.
Non ho ricordi vividi di quei giorni. Ma ciò che non ho mai dimenticato sono state quelle scene di due file di soldati, una destra e l'altra a sinistra, che ci accoglievano con cioccolata e con sacchettini di caramelle con il "buco" di una sapore delizioso.
Un omone di colore, sorridente, prese mio cugino, seduto sull'asino dove avevamo preso posto prima di lasciare la campagna, per le braccia e si mise a sorridere e a coccolarlo con cioccolate e caramelle. Forse, anche per calmare i nostri genitori e i nostri nonni, che si erano spaventati.
Ma, e questo è ampiamente documentato, non furono tutte "cioccolate e caramelle" gli incontri con i soldati angloamericani.
Da una parte c'è un agevole volumetto di 96 pagine, dato alla stampa nel 2004 da Gianfranco Ciriacono, "Le stragi dimenticate", che ci ricorda due stragi legate all'arrivo delle forze alleate.
La prima strage, il 13 luglio 1943, fu drammaticamente consumata, nell'insediamento colonico "Arrigo Maria Ventimiglia", in contrada Piano Stella, del comune di Caltagirone.
Piano Stella era formato di 38 poderi colonici.
Si trattava di poderi di circa 10 ettari, con una piccola casa di due o tre stanze, con una stalla, che venivano assegnate da Mussolini per la coltivazione di cereali e allevamento di bestiame. Ad ogni famiglia venivano date due mucche. Non si trattava di poderi che potevano assicurare una vita dignitosa ai contadini e alle loro famiglie. Si praticava un'agricoltura di sussistenza che era, a volte, sufficiente per l'intera famiglia.
In pratica non bisogna pensare ad una produzione di mercato, anche se, gli agricoltori più intraprendenti tentavano, in piccole quantità, la coltivazione diversificata di alcuni prodotti. Come l'uva, per esempio, che negli ultimi decessi in questi territori è diventato un prodotto di eccellenza.
Il 13 luglio, in contrada Piano Stella, 7 braccianti agricoli, vengono tratti fuori dalle loro abitazioni e uccisi barbaramente, solo perché i soldati americani si erano convinti che si trattasse di cecchini fascisti.
Il 14 luglio, nei pressi dell'aeroporto di Biscari (Acate), c'è uno scontro a fuoco tra soldati americani e 36 italiani, alcuni in divisa militare e altri in abiti civili.
Gli italiani si arrendono convinti di essere trattati secondo i protocolli firmati a Ginevra sui prigionieri di guerra.
E, come se questo non fosse sufficiente, nella stessa zona e lo stesso giorno, altri 37 soldati italiani fanno la stessa fine.
Gianfranco Ciriacono, all'epoca dei fatti era un bambino, ma avendo avuto una vittima nella strage di Acate, da giovane e da adulto si impegna nel portare alla luce queste due stragi; diventa ricercatore attento negli archivi, ascolta testimoni presenti in quei giorni sia ad Acate sia a Piano Stella e scrive questo libro che, all'epoca della pubblicazione, suscitò interesse tra le popolazioni locali, soprattutto, come capita in questi casi, o non erano testimoni diretti o avevano dimenticato.
Ma c'è un altro libretto di Andrea Camilleri, "La strage dimenticata", Sellerio editore,1984, che si occupa, di un'altra strage, verificatesi nel "bagno penale" di Porto Empedocle, allora frazione di Girgenti (Agrigento) la notte tra il 25 e il 26 gennaio del 1848.
Andrea Camilleri, pur non ritenendosi uno storico, , riesce a renderci interessanti le vicende narrate in questo libro che, nella storia, trova una sua collocazione di quello che fu l'epoca dei Borboni in Sicilia. Un'epoca che di "stragi" impunite e dimenticate, è drammaticamente ricca.
Due sicari, Antemio e Aristogitone, si assumano l'incarico di uccidere un vecchio signore, zio di una fanciulla, Issione. Mentre Aristogitone è un veterano dell'omicidio a pagamento, il giovane Antemio è al suo primo delitto. E sudano le proverbiali "sette camicie" prima di compiere l'opera.
"Portato a termine il contratto, Antemio si sente morto per la stanchezza, il passo è diventato tutto piompigno da obbligarlo a gettarsi a terra, per asciugarsi il sudore ed esclamare:"!
"No'l sapevo, porco Giuda!, che ad uccidere si suda!"
Andrea Camilleri, da par suo, ci racconta i motivi per cui questa frase di Antemio gli rimane vivida nella memoria. E' un'elencazione storica che documenta il significato, e la collocazione, di tantissimi omicidi di cui ci parla la storia, la letteratura, il teatro: da Caino a Pericle, a "obersturmbannfuhrer" Adolf Eichmann, quello della soluzione finale dei sei milioni di ebrei.
Aristogitone e Antemio finirono in quell'inferno che era il carcere borbonico di Agrigento che, per come era stato costruito, rappresentava una fortezza senza via di scampo.
Il 5 febbraio 1848 Ruggero Settimo proclama la cacciata dei Borboni dalla Sicilia.
E cosa succede al carcere di Agrigento? Per paura che i carcerati, una volta fuggiti, si potessero unire ai rivoltosi, vengono fatti morire.
Di questa "strage" non se ne occupò nemmeno il governo dell'Italia Unita, dopo il 1861.
E ci pensa Cammilleri a ricordarli. Non solo con questo libro. Ma con l'elenco completo dei 114 morti pubblicato in appendice.