L'accaparramento della clientela, la dignità e il decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell'avvocato
L'avvocato è tenuto ad adottare un comportamento che non sfoci nella condotta di accaparramento di clientela. Il divieto di accaparramento della clientela [1] è finalizzato a evitare che il professionista svolga attività che, al solo scopo di acquisire clienti, si rivelino di disvalore deontologico perché attuate con modalità non conformi a correttezza e decoro (CNF, n 244/2017). Dalla violazione di tale divieto discende un illecito disciplinare che prescinde «dall'elemento intenzionale del dolo o della colpa essendo sufficiente solo la volontà consapevole dell'atto che si compie» (CNF, n. 182/2014, richiamata da CNF, n. 218/2018).
In cosa consiste l'illecito disciplinare da violazione del divieto di accaparramento della clientela?
L'avvocato:
- non deve acquisire clienti mediante agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro;
- non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni, omaggi o prestazioni per ottenere incarichi professionali;
- non deve offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare.
«La violazione dei predetti doveri comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura».
ll divieto di accaparramento della clientela nella prassi
È stato ritenuto che:
- «L'avvocato che assuma incarichi professionali tramite un terzo intermediario (come ad esempio tramite una società di capitali), omettendo di instaurare con in suoi clienti un rapporto fiduciario, pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante perché lesivo del dovere di fiducia, al cui rispetto ogni professionista è tenuto nell'esercizio del proprio mandato» (CNF 21/02/96 n. 19, richiamata da CNF, n. 218/2018, inhttps://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=69776);
- l'avvocato che aderisce a una convenzione, in cui sono stabiliti compensi irrisori, pone in essere una condotta che costituisce illecito disciplinare, in quanto lesiva del decoro e della dignità della categoria cui appartiene (CNF, n. 245/2017, inhttps://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=38987);
- il professionista che accetta un incarico per cui è pattuito un compenso onnicomprensivo irrisorio viola il divieto di accaparramento di clientela. Questa pratica è di per sé lecita, «ma sconfina nel disvalore deontologico qualora è attuata ricorrendo a modalità non conformi a correttezza e decoro» (CNF, n. 244/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=37332);
- «costituisce violazione del divieto di accaparramento di clientela (art. 37 ncdf, già art. 19 codice previgente) il comportamento dell'avvocato che, senza esserne richiesto, offra una prestazione personalizzata, cioè rivolta a una persona determinata per uno specifico affare(Nel caso di specie, il professionista aveva scritto a un Comune e alla Provincia proponendosi per la costituzione di parte civile degli Enti stessi in un procedimento penale per disastro ambientale, dichiarandosi altresì disponibile ad applicare i minimi tariffari. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura)» (CNF, n. 139/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=36544);
- l'avvocato che, per ricavare notorietà e quindi acquisire clienti, offre assistenza legale gratuita alle parti di un fatto di cronaca di grande clamore, viola il divieto di accaparramento, commettendo conseguentemente un illecito disciplinare (CNF, n. 390/2016, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=35615);
- «viola l'art. 37 ncdf (già, 19 cdf) l'avvocato presso il cui studio legale sia ubicata una associazione di categoria, così ponendo in essere le condizioni di potenziale accaparramento di clientela, indipendentemente dalla circostanza dell'effettivo raggiungimento di concreti vantaggi economici» (CNF, n. 29/2016, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=34303);
- il professionista che cura una rubrica giornalistica non può indicare i recapati del suo studio. Ove tali recapiti fossero indicati, tale modalità costituirebbe violazione del divieto di accaparramento della clientela, non conforme alla dignità e al decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell'avvocato (CNF, n. 83/2014, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=31227);
- «non comporta alcuna violazione deontologica l'intervista apparsa su un quotidiano quando è esclusa "l'intenzionalità" dell'incolpato di farsi pubblicità in violazione delle norme deontologiche» (CNF, n. 39/2014, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=30738);
- «l'avvocato può indicare i settori di esercizio dell'attività professionale e, nell'ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente, ma l'affermazione di una propria "specializzazione" presuppone l'ottenimento del relativo diploma conseguito presso un istituto universitario» (CNF, n. 39/2014, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=30742).
Note
[1] Art. 37 Codice deontologico forense:
«1. L'avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro. 2. L'avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l'ottenimento di incarichi professionali. 3. Costituisce infrazione disciplinare l'offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi. 4. E' vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. 5. E' altresì vietato all'avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare. 6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura».