Di Paola Moscuzza su Martedì, 13 Giugno 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Lavoro autonomo e subordinato: Cassazione spiega come riconoscerli

 

Ai fini della qualificazione di un contratto di lavoro come autonomo o subordinato, deve procedersi all´ accertamento del requisito caratteristico della subordinazione, vale a dire la prestazione dell´attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione dell´imprenditore e perciò l´inserimento nell´organizzazione.
 
Così la sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 14296/17, depositata l´8 Giugno.
 
Per far dichiarare la natura subordinata del suo rapporto di collaborazione con un imprenditore privato, la lavoratrice adiva il Tribunale del Lavoro di Reggio Calabria, che rigettava la sua domanda.
 
Diversamente si pronunciava la Corte d´Appello adita successivamente, la quale dichiarava la natura subordinata del rapporto di lavoro e condannava al pagamento delle differenze retributive maturate, il datore di lavoro, che, soccombente, adiva la Cassazione.
 
Questa si pronunciava ribadendo le coordinate che, ormai da tempo, consentono di distinguere il lavoro autonomo da quello subordinato.
 
Quest´ultimo si caratterizza per la subordinazione, ossia la disponibilità del prestatore di lavoro nei confronti del datore, e per l´assoggettamento del primo alle direttive impartite dal secondo sulle modalità di esecuzione dell´attività ( Cass. 12926/1999; 5464/1997; 2690/1994; Cass. 28 marzo 2003 n. 4770).
 
L´osservanza di un orario, l´assenza di rischio economico, la forma della retribuzione e la collaborazione, sono fattori rilevanti nella ricostruzione del rapporto, ma non determinanti, potendo appartenere indifferentemente ad entrambi gli schemi contrattuali.
 
Ha precisato la Corte Suprema, che, anche qualora le parti abbiano dato un nome al rapporto, non viene meno la necessità di individuare le caratteristiche con cui viene svolto detto rapporto, potendo, a seguito di una disamina dello stesso, addivenire ad una qualificazione diversa. Laddove le parti, stipulando il contratto, gli abbiano dato la qualifica di lavoro autonomo, escludendo volutamente quella di subordinato, ma nel concreto abbiano posto in essere modalità di svolgimento dell´attività da cui emergono elementi incompatibili con la natura di rapporto di lavoro autonomo, nonchè inequivocabile l´elemento della subordinazione, e cioè il vincolo di natura personale, che assoggetta il prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore, il giudice, al di là del nomen iuris, riqualificherà la natura del rapporto.
 
Con richiamo alla sentenza n. 7024/2015, per finire, la Corte ha ribadito che gli indici di subordinazione sono dati dalla retribuzione fissa mensile a fronte della prestazione lavorativa; l´orario di lavoro fisso e continuativo; la continuità della prestazione in funzione di collegamento tecnico organizzativo e produttivo con le esigenze aziendali; il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia; l´inserimento nell´ organizzazione aziendale.
 
Pronunciandosi la Corte d´Appello, correttamente sul caso qui in esame, avendo individuando gli elementi caratterizzanti la subordinazione sulla base dei principi suesposti, dandone logica motivazione, la Cassazione rigettava il ricorso ritenendolo infondato.
 
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.
 
 
 
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