Non rientra nella cornice tipizzata dal procedimento amministrativo la facoltà di chiedere, una volta siano trascorsi i termini, il riesame della conferma della ruralità del fabbricato, ai fini del superamento del silenzio assenso, quand'anche formatosi su un provvedimento non conforme alle norme. Il provvedimento tacito favorevole sull'istanza presentata, può, infatti, essere annullato solo con l'intervento successivo, in sede di autotutela, da parte della stessa amministrazione nei cui confronti si sia formalizzato il silenzio assenso.
Con la sentenza 10383/2023 la sesta sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da un'imprenditrice agricola, la quale, dopo aver ottenuto l'implicito assenso alla domanda per il rilascio di un certificato di connessione con l'attività agricola, si era vista notificare un provvedimento di rigetto fondato su una serie di verifiche effettuate dall'agenzia delle Entrate in epoca successiva allo spirare del termine dei sessanta giorni prescritto per il silenzio assenso; verifica che aveva condotto l'agenzia delle entrate a riclassificare un immobile da C/2 a F/3, così facendo venir meno la qualifica di ruralità del bene ai fini fiscali.
Secondo il Consiglio di Stato, il provvedimento di rigetto, intervenuto a distanza di sei mesi dalla proposizione dell'istanza del privato, era contrario ai principi che governano l'istituto del silenzio assenso, i quali sono posti a presidio della celerità dell'azione ammnistrativa, nonché della semplificazione e della certezza dei rapporti con i cittadini, principi che in ultima analisi rispondono a quello di buon andamento della pubblica amministrazione previsto dall'art. 97 della Costituzione ed il cui valore è tale che, anche ove l'attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non sia conforme alle norme, si rende comunque configurabile la formazione della fattispecie, rilevando la violazione di legge unicamente come vizio di legittimità del provvedimento tacito.
Infatti, prosegue la sentenza, nella situazione in cui l'amministrazione non abbia provveduto nei termini, a fronte di un silenzio formatosi in violazione di legge, la stessa non rimane priva di possibilità di agire, stante il potere di annullamento d'ufficio che la legge le riconosce.
Dunque, secondo il Consiglio di Stato, in casi come quello in discussione, deve ritenersi necessario l'intervento successivo in sede di autotutela da parte della stessa amministrazione nei cui confronti si è formato il silenzio-assenso.
Tale scelta interpretativa ha, quindi, condotto il giudice di legittimità ad escludere che, nel caso di specie, l'atto di variazione dell'accatastamento rurale potesse rappresentare una motivazione corretta per superare il silenzio assenso già formatosi sulla domanda della ricorrente.
Tale circostanza, infatti, sebbene oggettivamente ostativa, poiché connessa all'attività accertativa di un ente differente da quello titolare del potere di autotutela, rappresenta un mero fatto una volta maturato il silenzio assenso, come tale insufficiente a legittimare la revoca retroattiva del silenzio assenso medesimo, non esistendo, peraltro, alcuna previsione espressa al riguardo, non essendo stato, infatti, per nulla previsto dalla norma che l'annullamento in sede di autotutela da parte di diversa amministrazione, o l'adozione di un atto successivo alla formazione di un silenzio assenso, consenta di superarlo senza esercitare l'autotutela.
Pertanto, ha concluso il Consiglio di Stato, nel caso di specie è evidente il perfezionamento dell'istanza presentata per silenzio assenso e l'illegittimità e inefficacia del tardivo diniego emesso in mancanza di esercizio dei poteri di autotutela.