Coloro che possiedono un patrimonio possono gestirlo in diversi modi. Per avere un pieno controllo sugli eredi, ad esempio, molti decidono di lasciare un testamento.
La successione, che si apre alla morte del de cuius, può essere di tre tipi, ossia testamentaria che, in presenza di testamento, offre diverse opportunità di pianificazione ereditaria; ereditaria o legittima quando, in assenza del testamento, l'eredità viene distribuita per legge in base al rapporto di parentela tra il defunto e gli eredi; necessaria, secondo cui alcune categorie di familiari devono ricevere una quota di patrimonio fissata per legge.
Il Codice Civile stabilisce a chi spetta l'eredità alla morte di una persona. Quando su un'eredità non si può applicare la successione testamentaria, si deve ricorrere alla successione legittima, secondo quanto disciplinato dall'art. 457 c.c..
In mancanza di un testamento, l'eredità spetta al coniuge e ai figli del defunto. Se il defunto ha un solo figlio, l'eredità è divisa a metà tra lui e il coniuge. Se invece i figli sono due o più, a questi spettano i due terzi del patrimonio ereditario, da dividere, e al coniuge resta un terzo.
Soltanto se il defunto non aveva figli, oltre al coniuge hanno diritto a una quota di eredità anche i fratelli e i genitori (se ancora in vita). In ogni caso, al coniuge vanno i due terzi del patrimonio ereditario. Quando il coniuge concorre con i fratelli del defunto, poi, a questi è devoluto un terzo dell'eredità. Lo stesso accade quando il coniuge concorre con i genitori del de cuius.
Se invece, insieme al coniuge, sopravvivono al defunto sia i genitori che i fratelli, questi si dividono la quota di eredità a loro spettante (un terzo), ma ai genitori va almeno un quarto dell'eredità. In mancanza di figli e coniuge, d'altra parte, l'eredità è divisa tra genitori e fratelli del defunto. La divisione si fa sempre per ognuno, anche se ai genitori è riservata almeno la metà dell'eredità.
Quando i figli o i fratelli del defunto sono premorti oppure rinunciano all'eredità, subentrano nei loro diritti i rispettivi discendenti, secondo il principio della rappresentazione. In questo caso l'eredità si divide per stirpi, si attribuiscono quindi le quote che andrebbero ai soggetti premorti o rinunzianti, e queste vengono a loro volta suddivise tra i discendenti.
Ad esempio, se il defunto (celibe e senza figli) aveva due fratelli, di cui uno premorto con due figli, l'eredità è devoluta per metà al fratello ancora vivente e per metà tra i nipoti (i figli del fratello premorto), che avranno pertanto un quarto ciascuno. Se non vi sono coniuge, discendenti, ascendenti e fratelli o loro discendenti, l'eredità spetta per intero ai più prossimi tra gli altri parenti entro il sesto grado. In assenza anche di questi ultimi, l'eredità passa allo Stato.
Il coniuge, o la parte di unione civile, è l'unico erede quando mancano figli e ascendenti del de cuius. Se è avvenuta una separazione, il coniuge ha diritto all'eredità a meno che non abbia subito l'addebito per la fine del matrimonio. In seguito al divorzio l'ex coniuge non ha più diritti ereditari. Quando con il coniuge concorrono i figli, al coniuge spetta la metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo se ci sono più figli. Al coniuge spetta il diritto di abitazione nell'ex casa coniugale, al di là della titolarità della stessa. In mancanza di figli, al coniuge superstite vanno i due terzi dell'eredità se egli concorre con ascendenti o con fratelli e sorelle anche se unilaterali.