Di Giulia Zani su Giovedì, 24 Maggio 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

SC su regime ordinanza che decide reclamo ad archiviazione: "Revocabile quando..."

La S.C. con la sentenza n. 17535 del 18.04.2018, afferma la non impugnabilità dell´ordinanza che decide sul reclamo proposto a norma dell´art. 410 bis c.p.p.contro l´ordinanza o il decreto di archiviazione, ma ne afferma la revocabilità solo nel caso in cui sia stata adottata in violazione del diritto di difesa, ovvero di mancata integrazione del contraddittorio con la persona offesa.
FATTO
Avverso il decreto del G.I.P. di archiviazione, pronunciata nei confronti di alcuni indagati per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, aveva proposto reclamo ai sensi dell´art. 410 bis, la persona offesa.
Tale reclamo era stato ritenuto inammissibile, poiché, secondo il Tribunale, il reclamante non si era confrontato con le ragioni che il G.I.P. aveva posto alla base dell´archiviazione e aveva richiesto accertamenti istruttori inconferenti.
L´ordinanza del Tribunale è definita dall´art. 410 bis c.p.p. come non impugnabile, tuttavia il ricorrente, lamentando la violazione del proprio diritto di difesa e la mancata integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, proponeva ricorso per cassazione.
Nel caso sottoposto alla Corte il ricorrente lamentava, infatti, di non essere stato informato della fissazione dell´udienza per la discussione sul proprio reclamo né della possibilità di presentare memorie.
Nel giustificare il proprio ricorso osservava, infine, che se la disposizione dell´art. 410 bis c.p.p. fosse dovuta essere intesa nel senso di impedire un qualsivoglia controllo sulla decisione del Tribunale, la mancanza di uno strumento processuale idoneo a rimuovere la violazione ad un suo diritto assoluto, avrebbe richiesto la rimessione alla Corte Costituzionale della questione affinché fosse accertata l´incostituzionalità della disposizione citata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.
La Corte, ritenendo di confermare la non impugnabilità della suddetta ordinanza, ripercorre l´estensione e l´ambito di applicazione dell´art. 111 Cost., rifacendosi alla definizione di sentenza.
Dichiara inammissibile il ricorso per Cassazione e, solo in caso di violazione del diritto di difesa, individua lo strumento processuale con il quale può essere rilevata la nullità dell´ordinanza che decide sul reclamo.

MOTIVAZIONI
La sentenza n. 17535 ud. 01/03/2018 - depositata il 18/04/2018, rappresenta l´occasione per la sesta sezione della Suprema Corte di ripercorre la differenza tra ordinanza o decreto di archiviazione e la nozione di sentenza, avverso la quale l´art. 111 Cost. garantisce il ricorso in Cassazione per violazione di legge.
L´ordinanza, a differenza della sentenza, ha una natura interlocutoria e sommaria, adottata rebus sic stantibus. In particolare, poi, i provvedimenti che concernono l´archiviazione sono finalizzati ad un controllo di legalità limitato all´esercizio dell´azione penale, superabili tramite la riapertura delle indagini ai sensi dell´art. 414 c.p.p.
Nella propria argomentazione, la Corte parte dato letterale dell´art. 410 bis c.p.p., che prevede espressamente la non impugnabilità dell´ordinanza che decide sul reclamo, per disegnare i limiti dell´obbligo costituzionalmente imposto di prevedere un controllo giurisdizionale sui provvedimenti giudiziali, anche alla luce dell´ordinamento internazionale.
L´art. 111 co. 7 Cost. dispone che "Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge"
.
Da ciò deriva che negli altri casi, ovvero nell´ipotesi in cui il giudice non decida con sentenza o qualora non si verta su questioni inerenti la libertà personale, non è obbligatorio ammettere il ricorso in Cassazione.
Ne consegue ulteriormente che, ove non espressamente previsto, il principio di tipicità dei mezzi di impugnazione, ricavabile dall´art. 568 c.p.p., impone che non sia ammissibile il ricorso, nei casi in cui non sia previsto.
A maggior ragione, ciò vale, nel caso in cui tale ipotesi sia espressamente esclusa.
Ne consegue che l´art. 410 bis c.p.p. non si pone in contrasto con le norme costituzionali in materia di giusto processo, né con quelle di uguaglianza o di difesa.
Sotto quest´ultimo profilo, infatti, sottolinea come la persona offesa possa sempre la esercitare un´azione per il risarcimento dei danni patiti in sede civile o sollecitare la riapertura delle indagini.
L´esame delle disposizioni costituzionali, tuttavia, non è sufficiente; la Corte passa quindi a verificare la compatibilità della suddetta disciplina con l´ordinamento comunitario.
In tema, rileva come neppure gli art. 6 e 13 CEDU prevedano la garanzia della possibilità di sottoporre a verifica ogni provvedimento giudiziario, ma che la Corte EDU abbia addirittura affermato che è rimessa agli stati la facoltà di delimitare i motivi di impugnazione e prevedere eccezioni per reati minori.
Infine, ricorda come la compatibilità del procedimento di reclamo con i principi costituzionali sia già stata affrontata con riferimento alla normativa precedente alla riforma del 2017 e che rispetto a tale disciplina siano stati ampliati i termini per proporre l´impugnazione funzionale al controllo sulla decisione del G.I.P. e sia cambiato solo l´organo giudicante sul reclamo, prima era la Corte di Cassazione e ora il Tribunale in composizione monocratica.
Tuttavia, a chiosa, la Corte afferma anche che, nei casi in cui venga violato il diritto di difesa e non venga integrato il contradditorio, la assolutezza di tale diritto, di cui all´art. 24 Cost., impone di individuare uno strumento che permetta di rimuovere violazioni che comportano la radicale nullità dell´ordinanza che decide sul reclamo.
Tale strumento viene individuato per esclusione, ritenendo non applicabili né la remissione in termini, né l´incidente di esecuzione, ma solo la richiesta di revoca al medesimo giudice che si è pronunciato sul reclamo.
Ciò è imposto dai principi generali che regolano la materia della archiviazione e dai diritti della persona offesa nelle indagini.
La richiesta di revoca per violazione del diritto di difesa del reclamante, peraltro, non lede i diritti dell´indagato archiviato, in quanto quest´ultimo potrà comunque difendere la propria posizione di fronte al G.I.P., qualora l´ordinanza di archiviazione o il decreto venissero dichiarati nulli.
Dott.ssa Giulia Zani
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