Di Giulia Zani su Venerdì, 20 Dicembre 2019
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

La rideterminazione della pena a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale

Con la sentenza in commento, la n. 50145, depositata lo scorso 11 dicembre, la Corte di Cassazione è intervenuta per fornire un vademecum al giudice dell'esecuzione in ordine alla rideterminazione della sanzione inflitta ad un condannato a seguito di pronunce della Corte Costituzionale che intervengano sulla cornice edittale del reato applicato.

Nel caso di specie l'imputato era stato condannato ad anni tre e mesi otto di reclusione per fatti aventi ad oggetto droghe pesanti.

All'indomani della sentenza n. 40 del 23/1/2019 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, nella parte in cui prevede come pena edittale minima la reclusione di anni otto, anzichè di anni sei, la difesa chiedeva al giudice per le indagini preliminari, in funzione di giudice dell'esecuzione, la rideterminazione della sanzione inflitta sulla base della precedente cornice edittale.

Il giudice dell'esecuzione riteneva che il trattamento sanzionatorio fosse congruo anche alla luce della nuova normativa e rigettava la richiesta della difesa.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il gravame e ha cassato il provvedimento con rinvio per nuovo esame della vicenda. 

Il principio affermato dai giudici di legittimità riguarda il tipo di scrutinio che il giudice dell'esecuzione è tenuto a fare quando la cornice edittale della sanzione per la quale si è avuta la condanna muti a seguito di una declaratoria di incostituzionalità.

In questi casi, osserva la Corte come il giudice non possa limitarsi a "ritenere congrua la pena in virtù di una "doppia" conformità formale al quadro precedente e a quello sopravvenuto, ma deve valutare la congruità della pena, non potendo prescindere dal fatto che sia obiettivamente mutata la cornice legale sanzionatoria".

Deve invece compiere una nuova valutazione della pena inflitta sulla base dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p. secondo i canoni dell'adeguatezza e della proporzionalità che tengano conto nel caso concreto sottoposto al suo esame della nuova cornice edittale. 

 Nel caso di specie la pena inizialmente inflitta era stata comminata sulla base di una cornice edittale minima di otto anni, ridotta a sei con l'intervento della consulta.

A fronte di tale mutamento nel paradigma sanzionatorio nell'incriminazione il Giudice avrebbe dovuto procedere, secondo la Corte, a una riduzione "necessaria" della pena stessa.

Ciò in ragione del fatto che il giudice nella quantificazione della sanzione non può mai prescindere dai limiti minimi e massimi di pena che caratterizzano il dato normativo e che esprimono nella relativa forbice edittale il livello di disvalore apprezzato dal legislatore per la condotta oggetto di incriminazione.

Il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto quindi tenere conto di questa riduzione della soglia sanzionatoria che non permette logicamente di giudicare congrua una sanzione che era stata ritenuta tale e adeguata, allorquando la soglia del trattamento penale per quel fatto era nel minimo decisamente più alta.

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