Inquadramento normativo: Art. 627 c.p.c.
La riassunzione del processo esecutivo sospeso e i termini: Le "comunicazioni" e le "notificazioni" sono soggette a discipline distinte sia quanto alla forma e al contenuto, che quanto agli effetti. Infatti solo alle prime è riconosciuta una efficacia "notiziale" (id est informativa del compimento o del deposito di un atto del processo), non correlata […] alla attivazione di alcun termine di decadenza. Non si esclude, tuttavia, che alla "comunicazione" del Cancelliere possano essere ricondotti anche effetti diversi, qualora una norma speciale venga a derogare alla norma generale, ricollegando alla comunicazione anche l'effetto di conoscenza legale del contenuto dell'atto partecipato, idoneo a far decorrere un termine stabilito a pena di decadenza. Si pensi, ad esempio all'art. 627 c.p.c. (Cass., n. 9239/2020), in base al quale la riassunzione del processo esecutivo deve avvenire entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che ha rigettato l'opposizione (Cass., n. 29188/2021).
Finalità acceleratorie del processo esecutive e riassunzione: Il termine per la riassunzione del processo esecutivo non può decorrere da un momento successivo al passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell'opposizione, in qualunque grado essa sia emessa. Tuttavia il legislatore ha voluto anticipare la decorrenza del termine in questione, per evidenti finalità acceleratorie del processo esecutivo, in caso di sentenza di secondo grado di rigetto dell'opposizione, pur non ancora passata in giudicato.
In questa ipotesi, infatti, il creditore ha la facoltà di attendere la sentenza di secondo grado prima di riassumere l'esecuzione, onde eventualmente non rischiare che la riassunzione stessa avvenga inutilmente, con le inevitabili conseguenze, anche sul piano risarcitorio. Se però interviene una sentenza di rigetto dell'opposizione di secondo grado, anche non passata in giudicato, l'ordinamento non consente ulteriori attese, non potendo l'esecuzione rimanere sospesa troppo a lungo: a questo punto, quindi, in mancanza di riassunzione, il processo esecutivo si estingue (Cass., n. 29188/2021). Questa facoltà trova fondamento non solo nel riconoscimento della generalizzata immediata efficacia delle sentenze di primo grado di cui all'art. 282 c.p.c., ma anche - e soprattutto - nei principi generali in materia di provvedimenti cautelari, in particolare nel principio per cui il provvedimento a cognizione piena (anche non definitivo) assorbe il provvedimento cautelare ad esso strumentale e, se negativo, ne determina la caducazione (di tale principio è diretta espressione normativa la disposizione dell'art. 669- novies, comma 3, c.p.c.) (Cass., n. 8683/2017).
La riassunzione del processo esecutivo entro sei mesi: L'art. 627 c.p.c., nella parte in cui allude alla riassunzione del processo esecutivo nel termine di sei mesi dal passaggio in cosa giudicata della sentenza di primo grado che rigetta l'opposizione all'esecuzione, deve essere inteso nel senso che tale momento segna soltanto il "dies a quo" del termine per la riassunzione (che, se la sentenza viene impugnata, non decorre, venendo sostituito dal momento della comunicazione della sentenza di appello che rigetti l'opposizione) e non il momento di insorgenza del potere di riassumere, il quale, in conseguenza dell'immediata efficacia della sentenza di primo grado di rigetto dell'opposizione ai sensi dell'art. 282 c.p.c., nasce con la sua stessa pubblicazione (Cass., nn. 24447/2011, 7053/2012, richiamate da Cass. n. 8683/2017).
Decadenza termine semestrale per la riassunzione del processo esecutivo ed estinzione: Se il creditore non riassume il processo esecutivo sospeso nel termine perentorio di preclusione, si determina l'estinzione del processo. Se il processo esecutivo sospeso viene riassunto fuori termini e la controparte si oppone alla prosecuzione di quel processo, tale opposizione equivale a eccepire l'estinzione del processo. Se detta eccezione è disattesa dal giudice e questi dispone la prosecuzione del processo (ponendo in essere l'atto successivo della sequenza procedimentale), in tale caso la situazione equivale a rigetto dell'eccezione di estinzione. Detta situazione legittima la parte che ha sollevato l'eccezione in questione a proporre il reclamo ai sensi dell'art. 630 c.p.c. (Cass., n. 2912/2020).