Inquadramento normativo: Art. 2697 c.c.; Art. 2113 c.c.; Art. 2735 c.c.
Valore probatorio della quietanza: La quietanza, rilasciata dal creditore al debitore all'atto del pagamento, ha natura di confessione stragiudiziale in ordine al fatto estintivo dell'obbligazione ai sensi dell'art. 2735 cod. civ., e, come tale, solleva il debitore dal relativo onere probatorio, vincolando il giudice circa la verità del fatto stesso, se e nei limiti in cui la stessa sia fatta valere nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, l'autore e il destinatario di quella dichiarazione di scienza (Cass., n. 21258/2014, richiamata da Cass., n. 8754/2018). Si ritiene che la quietanza possa essere correlata all'adempimento delle obbligazioni pecuniarie e possa essere rilasciata o dovuta in relazione all'adempimento di qualsiasi altra obbligazione. In ogni caso, essa attesterà un fatto estintivo dell'obbligazione e ove la quietanza si riferisca a un avvenuto pagamento, è il pagamento che, in quanto fatto estintivo dell'obbligazione, essa andrà a documentare e comprovare (Cass., n. 8754/2018). Nel caso di quietanza di pagamento senza data, l'idoneità di questa a costituire prova sufficiente dell'estinzione del debito sarà oggetto di valutazione del giudice di merito.
Quest'ultimo, ove riterrà detta quietanza liberatoria, dovrà supportare la sua valutazione con elementi logici e ragionevoli ( Civile Ord. Sez. 6 Num. 7586 Anno 2021
La quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa: La quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa costituisce, di regola, una semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell'interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e pertanto concreta una dichiarazione di scienza priva di alcuna efficacia negoziale (Cass., nn. 2146/2011; 729/2003, richiamate da Cass., n. 22245/2021) in quanto enunciazioni onnicomprensive sono assimilabili alle clausole di stile e non sono di per sé sufficienti a comprovare l'effettiva sussistenza di una volontà dispositiva dell'interessato (Cass., nn. 11536/2006; 10537/2004, richiamate da Cass., n. 22245/2021). Se, tuttavia, dal concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili aliunde, dovesse risultare che la parte è consapevole del fatto di volere abdicare o transigere su propri diritti, allora nella quietanza liberatoria possono essere ravvisati gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto (Cass. nn. 9120/2015, 18094/2015, richiamate da Cass., n. 22245/2021). L'interpretazione della quietanza come un negozio dispositivo o abdicativo di diritti, ove sussista il su citato concorso di particolari elementi da cui risulti la chiara e piena consapevolezza della parte che l'abbia resa (Cass. nn. 18094/2015; 1748/2017, richiamate da Cass., n. 19085/2021), è riservata in via esclusiva al giudice di merito.
Con l'ovvia conseguenza che, ove detta interpretazione sia sta effettuata senza violare i criteri di ermeneutica contrattuale e sia stata congruamente argomentata, essa sarà insindacabile in sede di legittimità (Cass. nn. 1657/2008; 19831/2013; 23296/2019; 5234/2021, richiamate da Cass., n. 19085/2021).
La quietanza liberatoria rilasciata dal lavoratore a saldo di ogni pretesa: Una quietanza a saldo sottoscritta dal lavoratore, che contenga una dichiarazione di rinuncia a maggiori somme riferita, in termini generici, a una serie di titoli in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto (in quanto assimilabile a una clausola di stile, insufficiente a comprovare un'autentica volontà dispositiva), può assumere il valore di rinuncia o di transazione a condizione che risulti accertato, sulla base dell'interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili aliunde, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi (Cass., n. 18321/2016, richiamata da Cass., n. 18505/2017); e il relativo accertamento costituisce giudizio di merito, censurabile in sede di legittimità soltanto in caso di violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale o in presenza di vizi della motivazione (Cass., nn. 19831/2013; 1657/2008, richiamate da Cass., n. 18505/2017).