Di Paola Mastrantonio su Sabato, 22 Ottobre 2022
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

La proposta di modifica dell’art. 27 Cost.: la minaccia di una pena esemplare ha efficacia deterrente?

"Se è vero che la storia non si ripete, possiamo ritenere plausibile che ami i riverberi" (Anonimo).

Qualche mese fa, la Cassazione, a sezioni unite, ha sancito il principio in base al quale, nel procedimento innanzi alla Suprema Corte, l'illegalità della pena può essere rilevata d'ufficio anche nel caso in cui il ricorso debba reputarsi inammissibile per tardività.

Elemento decisivo, ai fini dell'elaborazione del principio di massima, è stato il rilievo secondo cui, a livello interno, gli artt. 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost. costituiscono i due pilastri sui quali poggia il principio di legalità della pena: quest'ultima può essere irrogata solo in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso e deve tendere alla rieducazione del reo, non potendo consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.

Durante il suo mandato, la Guardasigilli Cartabia ha più volte espresso la propria volontà di introdurre pene sostitutive delle pene detentive brevi sino a 4 anni: al posto del carcere la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità e la pena pecuniaria, ciò non solo allo scopo di superare il problema del sovraffollamento carcerario,ma anche in ossequio alla funzione rieducativa della pena: è lampante, infatti, che un carcere in cui i detenuti sono "stipati" come topi ha effetti disumanizzanti e non potrà mai condurre alla risocializzazione .

Ieri, 21 ottobre, la Ministra Cartabia ha concluso il suo mandato, ma già da qualche giorno circolano notizie sulla riproposizione da parte del neo eletto deputato Cirielli del progetto di legge sulla riforma, proprio, dell'art. 27 della Costituzione.

Il progetto, presentato già a marzo del 2018, nel corso della XXVIII legislatura, mira a sostituire l'attuale formulazione dell'articolo l'art. 27 della Costituzione con il seguente testo:

art. 27: la responsabilità penale è personale.

L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

La pena, che non può consistere in trattamenti contrari al senso d'umanità, assicura la giusta punizione del reo per il fatto commesso e la prevenzione generale e speciale del reato e deve tendere, con la collaborazione del condannato, alla sua rieducazione. Sono stabiliti con legge i limiti della finalità rieducativa in rapporto con le altre finalità e con le esigenze di difesa sociale.

Non è ammessa la pena di morte.

La legge determina, secondo principi conformi alle disposizioni di cui al presente articolo, le finalità e le modalità delle misure di sicurezza.

Intento dichiarato della riforma, come si legge nella relazione introduttiva, quello di attribuire al giudice il potere di comminare "pene esemplari, che fungano da ammonimento ai consociati".

La nuova formulazione dell'art. 27 della Costituzione è basata sulla teoria della prevenzione generale, nella sua attuale rielaborazione denominata "positiva". 

Fulcro di tale teoria, la convinzione che la forte disapprovazione sociale favorisca e stabilizzi l'identificazione della maggioranza dei cittadini con il sistema di valori protetto dall'ordinamento giuridico.

In sostanza, secondo i promotori della riforma, l'introduzione di pene esemplari presenterebbe il duplice vantaggio di scoraggiare i consociati dal violare le leggi e, insieme, favorire la condivisione dei valori protetti dall'ordinamento.

Sarebbe un bel risultato, tuttavia occorre considerare una serie di aspetti tutt'altro che tranquillizzanti: anzitutto le statistiche dimostrano che le pene esemplari non hanno efficacia deterrente: negli Stati Uniti, l'introduzione della pena capitale non ha comportato una diminuzione del numero dei reati; in secondo luogo,la possibilità di comminare pene esemplari avrebbe effetti devastanti sul principio dell'adeguatezza e della proporzionalità della pena e, di fatto, eliderebbe il sindacato del giudice sull'illegalità della pena.

Infine, l'idea di uno Stato che induca i consociati a condividere i propri valori mediante l'intimidazione, rimanda a sistemi autoritari oramai superati e che, si spera, non vengano mai più reintrodotti in Europa, né da nessun'altra parte.

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