Di Paola Mastrantonio su Sabato, 08 Ottobre 2022
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

La nuova professionalità dell’avvocato mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa.

Il 4 agosto 2022, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia Marta Cartabia, ha approvato un decreto legislativo di attuazione della legge delega di riforma del processo penale. Si tratta dell'attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante la delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa. Tra le novità introdotte dal decreto, l'istituzione, mediante coinvolgimento di enti locali, di centri per la giustizia riparativa in ogni Corte d'appello al cui interno, molto probabilmente, troverà la sua collocazione la nuova figura del mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa.

La nuova figura professionale, pur essendo formalmente denominata mediatore, si distingue nettamente dall'omonimo collega che interviene in ambito civilistico per derimere le controversie, perché si muove in ambiti e materie profondamente diversi.

L'elaborazione di un nuovo modello di giustizia, finalizzato a superare la logica del castigo, promuovendo il ripristino relazionale anche relativamente al fenomeno criminoso, è stato uno dei temi di cui si è discusso nel 2016 nel corso degli Stati generali dell'esecuzione penale.

Infatti, la locuzione giustizia riparativa non si pone come tertium genus rispetto al sistema del doppio binario che distingue tra pene e misure di sicurezza, ma si colloca nella fase dell'esecuzione penale, come forma di risocializzazione del reo e ripristino delle fratture generate dal reato.

E' proprio durante gli stati generali che sono state delineate le caratteristiche del mediatore esperto in ambito penale, che sono essenzialmente quattro: anzitutto deve essere (non imparziale ma) "equi prossimo", ossia avvicinarsi in egual modo ai vissuti e ai valori sia dell'uno che dell'altro soggetto coinvolto nella mediazione; deve essere indipendente, deve essere esperto e competente, deve agire in un contesto pubblicistico.

Quanto agli standard qualitativi (anche questi identificati nel corso degli stati generali), affinché un programma possa essere considerato come percorso di giustizia ripartiva, è necessario che alla gestione degli effetti distruttivi prodotti dal comportamento deviante ed alla soluzione del conflitto nascente dal reato, partecipino attivamente sia il reo, sia la vittima, sia, infine, la comunità. Il percorso deve poi tendere al riconoscimento della vittima ed alla riparazione dell'offesa nella sua dimensione globale, che coinvolga anche la comunità, non soltanto perché destinataria di politica e di riparazione, ma anche in quanto attore sociale nel percorso di pace che muove dall'azione riparativa del reo. Indispensabile è la predisposizione di un percorso idoneo ad auto responsabilizzare il reo, conducendolo a rielaborare il conflitto, a ricostruire i motivi che lo hanno causato e ad avvertire la necessità di riparazione.

La mediazione deve essere, inoltre, quanto più confidenziale possibile, il che implica che l'incontro di mediazione sia protetto e che sia impedita qualsiasi forma di diffusione all'esterno dei suoi contenuti.

Infine è indispensabile che l'accordo raggiunto tra le parti sia caratterizzato dalla volontarietà e non scaturito da decisioni prese altri.

Quanto ai percorsi diretti a formare la nuova figura profesionale, la finalità della mediazione penale - che è quella di portare alla reale trasformazione del conflitto attraverso l'incontro con l'altro con la consapevolezza che ad ogni atto che provoca in altri sofferenza, può fare da contrappunto solo un lungo dialogo in cui il dolore può essere detto e ascoltato - impone l'adozione di un modello umanistico e non meramente ispirato al problem solving. 

Pertanto - come affermato nell'ambito degli stati generali dell'esecuzione - ogni percorso formativo del mediatore penale dovrà necessariamente prevedere lezioni teoriche che permettano ai discenti di acquisire tutte quelle competenze indispensabili per lavorare con vittime ed autori di reato.

La formazione dovrà dunque spaziare dal diritto penale e di procedura penale, alla vittimologia ed alla tutela e protezione delle vittime di reato sino, infine, alla materia criminologica con particolare attenzione alla eziologia del crimine, ai fattori criminoso genetici ed alle tecniche di neutralizzazione.


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