Di Paola Moscuzza su Sabato, 18 Novembre 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Cassazione: costringere coniuge riluttante a subire rapporti sessuali è violenza anche se manca rifiuto

Commette reato di violenza sessuale l´uomo che per le violenze e le minacce ripetutamente poste in essere nei confronti della vittima, ha la consapevolezza del rifiuto (implicito) e, nonostante ciò, consuma con lei il rapporto sessuale.
La III sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 51074/17 depositata il 9 novembre, così fa giustizia per una donna che da tempo adempiva di malavoglia al suo "dovere" coniugale.
Una vita da incubo quella vissuta dalla vittima così come tracciata a seguito dell´attività degli inquirenti, caratterizzata dalla sopraffazione e dal disprezzo del marito. La donna subiva i rapporti sessuali non manifestando apertamente il suo dissenso all´ uomo che, consapevole ma insensibile e spietato, continuava a pretenderli.
Sulla colpevolezza dell´uomo, concordi il giudice di primo e di secondo grado.
A nulla è valso il tentativo della difesa di adire la Cassazione e sottolineare il silenzio tenuto dalla donna sia con la figlia che con la madre sulle violenze subite, e il fatto che la stessa non aveva mai espresso palesemente il suo diniego ai rapporti, e si concedeva così sistematicamente al marito.
I Supremi Giudici infatti, hanno inteso come collegato l´atteggiamento passivo assunto dalla donna durante i rapporti sessuali, al "clima familiare connotato da sopraffazione e disprezzo" creato dal marito, la cui consapevolezza sul rifiuto della moglie ha prestato il fianco ai giudici che hanno così qualificato il suo comportamento come "grave".
L´orientamento della Corte, espresso tramite richiamo a recente giurisprudenza, sottolineando come non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca, quando è provato che l´autore, per le violenze e le minacce ripetutamente poste in essere nei confronti della vittima, abbia la consapevolezza del rifiuto implicito ai congiungimenti carnali, è chiarificatore.
Con richiamo alla n. 49597 del 09/03/2016 la Corte asseriva che " perché si possa dire che sussista l´elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è sufficiente che l´agente abbia la consapevolezza del fatto che non sia stato chiaramente manifestato il consenso da parte del soggetto passivo al compimento degli atti sessuali a suo carico "
E ancora con la Sez. 3, n. 39865 del 17/02/2015: "ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, è sufficiente qualsiasi forma di costringimento psico-fisico idoneo ad incidere sull´altrui libertà di autodeterminazione, senza che rilevi in contrario né l´esistenza di un rapporto di coppia coniugale o para-coniugale tra le parti, né la circostanza che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali, subendoli, laddove risulti la prova che l´agente, per le violenze e minacce poste in essere nei riguardi della vittima in un contesto di sopraffazione ed umiliazione, abbia la consapevolezza di un rifiuto implicito da parte di quest´ultima al compimento di atti sessuali".
La Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Scritto da Dott.ssa Paola Moscuzza
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