Giovedì 17 febbraio la Comunità di Sant'Egidio è scesa in piazza a Roma con cartelli e striscioni per manifestare contro l'escalation di tensione registratasi nelle ultime settimane tra Kiev e Mosca. I giovani della comunità si sono radunati in Piazza Santi Apostoli coinvolgendo centinaia di persone, un'ondata pacifista che ha raccolto adesioni anche dal mondo politico italiano e dalle più alte cariche istituzionali del Paese.
I leader dei partiti hanno condiviso l'iniziativa commentano sui social e ringraziando i manifestanti. In piazza, oltre a studenti e cittadini ucraini residenti a Roma era presente la scrittrice Edith Bruk, testimone della Shoah ungherese, che ha sottolineato: "Io non ho nessun sentimento di odio contro nessuno, i ragazzi hanno bisogno di sapere cosa è accaduto, devono lottare per la pace e non odiare mai nessun essere umano".
La crisi
"La Pace è il futuro" riporta uno striscione appeso al palco dove si susseguono gli interventi dei rappresentati della Comunità. Il presente però ci riporta indietro di qualche anno e non promette così bene.
La crisi ucraina va infatti avanti dal 2014, da quando Mosca ha invaso la Crimea sostenendo i movimenti separatisti nella regione del Donbass, in Ucraina orientale. La Casa Bianca non è rimasta a guardare e ritiene una minaccia l'eventuale invasione dell'Ucraina che stabilisce il confine del tetto della NATO. Mosca teme un'espansione del Patto Atlantico e un'eventuale annessione dell'Ucraina all'UE.
La posta in gioco è alta e non rappresenta soltanto la fornitura energetica di gas che dalla Russia transita verso l'UE proprio attraverso l'Ucraina. Una ricostruzione storica e geopolitica è ber approfondita da Silvia Boccardi e Francesco Rocchetti nell'episodio di Globally – I fronti caldi della Russia – podcast a cura dell'ISPI.
Il ruolo italiano e il destino dell'UE
Ma la posta in gioco non è solo il Donbass o l'Ucraina, "la posta è l'Europa, dai Balcani al Baltico, passando lungo i confini tedeschi" - scrive D.Giacalone dalle pagine del quotidiano La Ragione. In effetti l'obiettivo del Cremlino sembra quello di voler esercitare pressioni e influenze oltre i propri confini nei confronti dei Paesi europei intermedi.
In questa partita l'Europa si è dimostrata per ora compatta, a discapito di quanti continuano a sostenere fallimentare la politica estera comunitaria (che in passato si è divisa su questioni importanti). Sia il presidente francese Emmanuel Macron che il cancelliere Olaf Scholz hanno sostenuto le iniziative della Casa Bianca nel tentativo di creare un dialogo proficuo con Mosca senza discostarsi dalla linea statunitense.
La propaganda russa si trova adesso in difficolta nel descrivere il "successo" diplomatico di Mosca, soprattutto dopo l'espulsione da parte del Cremlino del diplomatico statunitense, questo potrebbe spiegare l'escalation degli ultimi giorni e il tentativo russo di forzare la mano al confine. Il disarmo è sul tavolo delle priorità e svolge un ruolo fondamentale nella trattativa. Non è detto però che il conflitto non possa esplodere da un momento all'altro e che un qualsiasi evento possa fungere da pretesto per l'inizio di una guerra che i media descrivono come imminente.
In questa cornice l'Italia, guidata da un leader convintamente europeista e atlantista, tenta di giocare le proprie carte. Dopo la visita a Kiev del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, Mario Draghi incontrerà Vladimir Putin a Mosca. Con molta probabilità il Primo Ministro rivendicherà la posizione della Nato e cercherà di aprire al dialogo presentandosi come possibile mediatore. Con l'uscita di scena della cancelliera Angela Merkel e l'imminente campagna elettorale francese, Mario Draghi è ritenuto il più solido tra i leader europei. Vedremo se riuscirà in questo tentativo, la pace è il futuro ma non può ancora attendere per molto.