Di Paola Mastrantonio su Martedì, 20 Febbraio 2024
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

La Cassazione sul cumulo tra indennità ex art. 18, co. 5 S.L. e indennità di preavviso.

Com'è noto, l'indennità sostitutiva del preavviso è un emolumento aggiuntivo che il recedente dal contratto di lavoro è tenuto a corrispondere all'altra parte, nel caso in cui non rispetti il termine di preavviso ed è equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per tale periodo.

L'obbligo di corrispondere l'indennità di mancato preavviso viene meno qualora il recesso sia fondato su una giusta causa, salvo che non sia giudizialmente accertata l'illegittimità del recesso.

Accertata l'insussistenza della giusta causa, viene, infatti, meno anche l'esonero dalla corresponsione dell'indennità.

In dottrina ed in giurisprudenza si discute sulla possibilità, in caso di licenziamento per giusta causa dichiarato illegittimo, del contemporaneo riconoscimento, al lavoratore, sia dell'indennità risarcitoria prevista dal quinto comma dell'art. 18 S.L., sia dell'indennità per mancato preavviso.

Secondo alcuni, l'indennità di cui al quinto comma dell'art. 18 S.L., così come riformulato dalla Legge n. 92 del 2012, avrebbe carattere omnicomprensivo e ad essa, dunque, non potrebbe aggiungersi nessun'altra erogazione a carico del datore di lavoro.

Secondo un diverso orientamento, invece, poiché lo scopo del preavviso è quello di attenuare le conseguenze dell'interruzione del rapporto per chi subisce il recesso, esso appare riferibile non tanto al risarcimento di un danno in senso giuridico (che presuppone un illecito), quanto, piuttosto, ad un danno in senso economico, con la conseguenza che, tale erogazione, può "coesistere" con la prestazione che risarcisce i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa o giustificato motivo.

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 3256/2024, ha riaffrontato la questione relativa al contemporaneo riconoscimento dell'indennità di mancato preavviso e dell'indennizzo derivante da licenziamento illegittimo, questa volta, però, in un caso in cui era stata riconosciuta la giustificatezza del licenziamento disciplinare, ma esclusa la proporzionalità della sanzione irrogata e ricondotto il comportamento addebitato al lavoratore ad una previsione disciplinare lieve, rientrante, come tale, nell'applicazione di una sanzione conservativa ed implicante il preavviso.

Il principio di massima.

La tutela "indennitaria risarcitoria" sancita dall'art.18 comma 51.300/70 modificato ex lege 28/6/2012 n.92, non esclude il diritto del lavoratore a percepire anche l'indennità di preavviso in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, non essendo venute meno, anche all'esito della novella del 2012, quelle esigenze proprie dell'istituto, di tutela della parte che subisce il recesso volte a consentirle di fronteggiare la situazione di improvvisa perdita della situazione occupazionale, né autorizzando, la lettera e la ratio della nominata disposizione, un'opzione ermeneutica differente e più restrittiva.

Corte di Cassazione, sez. lav., ordinanza n. 3256/2024 

Il fatto.

La Corte d'appello accoglieva in parte il reclamo proposto da una società ed accertata l'illegittimità dei licenziamenti intimati, dichiarava risolti i rapporti di lavoro con effetti dalla data del recesso e condannava la società a corrispondere a ciascuno dei lavoratori una indennità commisurata a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto mensile, nonché a corrispondere l'indennità di mancato preavviso corrispondente ad otto mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre accessori e spese nei termini di cui in sentenza.

Nel dettaglio la Corte d'appello riteneva sussistente il fatto addebitato e la sua rilevanza dal punto di vista disciplinare; tuttavia, alla luce dei fatti concreti, escludeva la proporzionalità della sanzione irrogata e la riconducibilità del comportamento commesso ad una previsione disciplinare lieve in relazione alle ipotesi tipiche previste dalle parti collettive per l'applicazione di una sanzione conservativa.

Per quanto riguarda la tutela, la Corte riconosceva in primis ai lavoratori l'indennità legale in misura pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, ed, inoltre, l'indennità di mancato preavviso considerata la sua peculiare funzione volta a risarcire il danno derivante dalla risoluzione improvvisa del rapporto a tempo indeterminato

Avverso la decisione della Corte d'Appello proponeva ricorso per cassazione la società, lamentando l'errata interpretazione ed applicazione del quinto comma dell'articolo 18 cit. come riformulato dalla legge n. 92 del 2012. In sostanza, secondo la ricorrente, il testo della norma sarebbe stato assolutamente chiaro nel riconoscere all'indennità risarcitoria carattere onnicomprensivo, conseguentemente, non sorgendo particolari dubbi sul contenuto della disposizione normativa, il giudice non avrebbe potuto far ricorso a canoni ermeneutici tipicamente sussidiari e, in particolare, all'interpretazione che si fonda sulla funzione e sullo scopo della norma. 

 La decisione della Cassazione.

I decidenti,dopo aver individuato la finalità dell'istituto del preavviso, individuandola nell'esigenza di evitare che la parte che subisce il recesso si trovi all'improvviso di fronte alla risoluzione del contratto, hanno ribadito che l'indennità in oggetto va a compensare il fatto che il recesso, oltre che illegittimo, sia stato intimato in tronco, di guisa che, stante la diversità di funzioni, esso non è incompatibile con la prestazione che risarcisce i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa o giustificato motivo.

Quanto alle doglianze mosse dalla società in riferimento alla ritenuta impossibilità, per il giudice, di andare oltre il dato letterale, la Suprema Corte, dopo aver premesso, in generale, che in una norma possono convivere, già sul piano letterale, tante differenti disposizioni quante l'interprete sia in grado di enucleare nel rispetto del valore semantico della norma, ha escluso che il giudice possa ritenersi vincolato ad una unica pregiudiziale ed astratta interpretazione letterale della norma senza dover nel contempo ricercare quale tra i significati resi possibili dalla lettera della norma risponda, nel modo più congruo e coerente possibile, alla ratio legis ed alla coerenza del sistema in cui la norma va integrata.

Inoltre, ha proseguito la Corte, nel caso in esame, è tutt'altro che semplice o risolto dalla lettera della legge il tema dell'identificazione dell'ambito e della natura della indennità omnicomprensiva in questione, di cui parla l'art.18, V comma della l. 300/70 novellato dalla legge 92/2012.

Conclusivamente, sulla scorta di tali premesse, la sezione lavoro della Cassazione ha ritenuto che alla tutela del preavviso di licenziamento si possa pervenire anche nell'ambito della disciplina dell'art. 18, V comma, seguendo i criteri interpretativi positivizzati nel nostro ordinamento senza violare alcun canone nè, tantomeno, quello della interpretazione letterale; distinguendo, appunto, tra la tutela contro il licenziamento illegittimo delineata in tale norma, e la tutela per l'intimazione del recesso senza il preavviso, di cui la norma in oggetto non si occupa.

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