Con la sentenza n. 30940/2024, la terza sezione della Cassazione è tornata a pronunciarsi sul diritto al rimborso c.d. forfettario sulle spese generali, ribadendo il consolidato orientamento della Corte secondo cui, il rimborso c.d. forfettario delle spese generali (nella specie ai sensi dell'art. 1, comma 2, del d.m. n. 140 del 2012) costituisce una componente delle spese giudiziali, la cui misura è predeterminata dalla legge, e compete automaticamente al difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza, che deve ritenersi implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali che incombe sulla parte soccombente.
Il principio è stato ribadito nell'ambito di un procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo fondato sull'erronea applicazione, sulla somma capitale portata dal titolo esecutivo, di I.V.A., C.P.A.e spese generali.
La Corte territoriale, confermando parzialmente la statuizione del giudice di primo grado, ritenendo fondata l'opposizione, aveva revocato il decreto opposto, rideterminando la somma dovuta.
In sostanza, secondo il giudice del merito, poiché nel decreto ingiuntivo non era stato liquidato il rimborso forfettario, tale accessorio non poteva essere aggiunto su iniziativa del creditore.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, il Supremo Collegio ha, invece, affermato che il rimborso delle spese generali spetta all'avvocato in via automatica e con determinazione ex lege, a prescindere da una esplicita menzione in sentenza (o nel decreto ingiuntivo) e, conseguentemente, ha ritenuto la statuizione impugnata in contrasto con quanto previsto dall'art. 13, 10° comma della legge n. 247 del 31.12.2012.
Non è necessario, dunque, che il provvedimento di liquidazione dei compensi faccia espresso riferimento anche alle spese generali perché l'avvocato possa pretenderle, derivando il diritto al loro rimborso direttamente dalla legge.