Di Rosario Antonio Rizzo su Sabato, 15 Giugno 2019
Categoria: Istituzioni e Società

“L’inganno della mafia”. E della politica!

 Una strana epoca. La nostra!

Le ultime notizie, in attesa della fine delle indagini, e quindi tra verità, mezze verità e falsità, hanno preso di mira, da una parte la magistratura, con accuse pesantissime su depistaggi nelle indagini, senza tempo, che hanno destrutturato la nostra realtà quotidiana. E non da oggi.

Dall'altra non passa giorno in cui non si coprono malefatte e magagne che vedono in primo piano politici, anche con cariche istituzionali, chiamati a giustificare spettanze, emulamenti, quando non veri e propri latrocini. Fosse solo per difendere loro "vassalli".

Siamo all'apocalisse? Forse!

Ma se teniamo conto di quello che sta succedendo nella Chiesa Cattolica, gli attacchi quotidiani rivolti a Papa Bergoglio dalla parte più retriva della chiesa, con l'appoggio, nemmeno tanto riservato, di quella parte politica che va brandendo rosari e crocifissi, creando confusione in un elettorato in preda alla paura e alla mancanza di risorse economiche e finanziarie.

Nel 1991, Giovanni Falcone, con Marcelle Padovani, pubblica un libro molto interessante: "Cose di cosa nostra", Editori Fabbri – Corriere della Sera.

L'inizio del IV capitolo: "Cosa nostra", inizia così: "Si può sorridere all'idea di un criminale, dal volto duro come la pietra, già macchiatosi di numerosi delitti, che prende in mano un'immagine sacra, giura solennemente su di essa di difendere i deboli e di non desiderare la donna altrui. Si può sorridere, come di un cerimoniale arcaico, o considerarla una vera e propria presa in giro".

Un elettorato credulone? Non credo. Ma disposto a sostenere chiunque sa vendere bene, usando l'inganno, certamente, tutte le meraviglie di questo mondo. Baipassando ogni e qualsiasi complessità. Anzi banalizzandola!

L'inganno della mafia oramai è storia e ha origine lontanissime.

Quello della politica è cronaca quotidiana che possiamo far risalire a fine Anni settanta, inizio Anni ottanta.

Sulla mafia esistono libri, saggi, ricerche, indagini di alto spessore storico.

Proprio l'anno scorso è stato pubblicato un testo snello, breve, sono 117 pagine, agevole e di buonissima scrittura.

"L'inganno della mafia", con un sottotitolo inquietante: "Quando i criminali diventano eroi". Autori Nicola Gratteri, magistrato che della lotta alla 'ndrangheta ha fatto scelta di vita e che vive sotto scorta, attenta e vigile. L'altro autore e Antonio Nicaso, studioso dei fenomeni mafiosi con cattedre universitarie sulla "Storia delle organizzazioni criminali" negli USA e in Canada.

Questo non è il primo libro che Gratteri e Nicaso scrivono insieme. Ce ne sono altri, che hanno arricchito la bibliografia sull'argomento.

Occupandosi di 'ndrangheta la regione di indagine rimane la Calabria, come base di partenza. Ma si estende in tutte le parti del mondo per gli interessi che hanno portato questa organizzazione criminale dappertutto, passando dagli antichi "interessi" regionali e patriarcali, ai fenomeni delinquenziali moderni, che vedono la droga e la compro-vendita di armi tra le loro attività primarie. Floridissime e che creano ricchezze.

Con una rapidità, lucida e documentale, gli Autori affrontano la nascita di questo fenomeno spazzando via tutti i miti "positivi" che hanno, e non da oggi, ammantato i personaggi storici di questi fenomeni delinquenziali.

"La mafia composta da persone altruiste e generose, alla Robin Hood, non è mai esistita. Da quando si è cominciata a percepirla come organizzazione criminale, la mafia non ha mai guardato in faccia nessuno. Ha ucciso quando era necessario e non si è fermata né davanti alle donne, né davanti ai bambini".

Ma purtroppo ad incrementare il mito del mafioso che diventa "eroe", concorrono alcuni libri e, in gran parte, le numerose serie televisive che invadono gli schermi delle televisioni con crescente pervicace di anno in anno. 

Le origini delle mafie.

"La prima consorteria mafiosa, di cui si ha notizia è la camorra che nell'Ottocento si impone all'attenzione delle autorità di governo e degli osservatori come un'organizzazione centralizzata". A un certo Pasquale Capuozzo si fa risalire il primo "capintesta".

Mentre le origini della mafia in Sicilia, la più antica, secondo la leggenda si fa risalire al XII secolo e viene "… attribuita ai Beati Paoli, un gruppo di sicari incapucciati".

Mentre in Calabria la nascita della 'ndrangheta è affidata alla testimonianza di Pasquale Trimbali che riferisce in un processo avvenuto a Palmi il 24 febbraio 1897.

Una citazione di Giovanni Falcone, nel risvolto della sovra copertina del libro, è illuminante per chiunque voglia mettersi in discussione davanti a questi tristissimi fenomeni: "Se vogliamo combattere la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro, dobbiamo riconoscere che ci assomiglia".

E il libro di Gratteri e Nicaso rappresenta un intelligente corredo.

"E la politica?" è il capitolo che conclude questa piacevole ed intelligente disamina dei problemi. Di tutti i problemi legati alla mafia.

"La politica dovrebbe avere più coraggio e 'raccontare' la mafia 'denunciando' tutte le forme di collusione e combatterla nelle scelte quotidiane".

Gli Autori, invece denuncia gli atteggiamenti della politica di segno contrario. E lo dimostrano "raccontando" e "denunciando".

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