La professione forense come mission e l'incompatibilità.
Nell'esercizio della professione forense molto spesso gli avvocati possono ritrovarsi a ricoprire ruoli che potrebbero interferire con la professione e originare situazioni di incompatibilità. Infatti, uno dei doveri deontologici cui deve attenersi un avvocato è proprio quello di astenersi dallo svolgere attività incompatibili con la sua professione. La ratio di tale dovere è da rinvenirsi nell'esigenza di tutelare l'indipendenza, la dignità e il decoro che contraddistinguono la professione forense [1]. Concetti, questi, che discendono dal ruolo che il professionista è chiamato a ricoprire, qualora sceglie di esercitare, ossia il ruolo di colui che tutela il diritto alla libertà, l'inviolabilità e l'effettività della difesa, assicurando, nel processo, la regolarità del giudizio e del contraddittorio. Il tutto in conformità con la realizzazione di un'altra tutela, ossia quella dell'affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale [2].
In questi termini, la professione di un avvocato diventa una missione e l'esercizio nel rispetto dei doveri deontologici rende il difensore credibile e integerrimo agli occhi della collettività e, soprattutto, dei clienti. Per tale motivo, il contestuale svolgimento di attività che possono minare tale "mission" devono indurre il professionista ad astenersi. In mancanza, sarà esposto all'instaurazione di un procedimento disciplinare [3].
Quando il ruolo dell'avvocato contrasta con i concetti di dignità, decoro e indipendenza?
I casi di incompatibilità sono tassativi. La legge ha stabilito che sono incompatibili con l'attività forense [4]:
- il lavoro autonomo diverso dalla professione forense svolto con continuità - si escludono le attività di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale -;
- la qualità di socio illimitatamente responsabile, di amministratore di società di persone che svolgono attività di impresa commerciale, di amministratore delegato o unico di società di capitali, di presidente del consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. Tale incompatibilità viene meno se l'oggetto della società concerne l'amministrazione di beni personali e familiari;
- l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale;
- il lavoro subordinato anche se part-time.
Fanno eccezione alle norme di incompatibilità gli incarichi di gestione e di vigilanza nelle procedure concorsuali o di crisi dell'impresa, l'iscrizione nell'albo dei revisori contabili, dottori commercialisti o consulenti del lavoro [5]. Con particolare riferimento al pubblico impiego, non sussiste incompatibilità tra l'esercizio della professione forense e quella di docente. Non sussiste incompatibilità neanche tra lo svolgimento del tirocinio professionale e quello di un'attività di lavoro subordinato pubblico e privato, purché sia consentito al tirocinante di svolgere effettivamente la pratica, senza versare in situazioni di conflitto di interesse [6].
L'incompatibilità nella prassi e nella giurisprudenza.
È stato ritenuto che non sussiste incompatibilità:
- tra l'esercizio della professione forense e le cariche elettive. La legge ha solo previsto «la sospensione di diritto per gli avvocati che ricoprano cariche di particolare rilevanza (dal Presidente della Repubblica, passando per i presidenti delle camere e per finire con l'avvocato eletto presidente della provincia con più di un milione di abitanti e per il sindaco di un comune con più di 500.000 abitanti)» [7] (parere CNF n. 209/17, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2017-209.pdf );
- tra esercizio della professione forense e la qualità di ministro del culto cattolico con cura d'anime, salva restando l'osservanza dei doveri deontologici di cui all'art. 3 della legge n. 247/12 [8] e al Codice deontologico forense (parere CNF n. 18/2019, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=69090);
- tra l'esercizio della professione forense e lo svolgimento di attività di gestione di condomini; (parere CNF n.1/2019, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=68984);
- tra la funzione di docente nelle scuole superiori e lo svolgimento della professione forense. In questi casi, tuttavia, le amministrazioni scolastiche possono valutare i) se tale contestualità possa creare situazioni di conflitto d'interesse o comunque d'interferenza con i compiti istituzionali del docente; ii) la legittimità dell'assunzione del patrocinio legale, da parte dell'insegnante, individuando quelle difese in controversie in cui è parte l'amministrazione scolastica, che, in ragione dell'interferenza con i compiti istituzionali, non sono consentite ai dipendenti (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 26016/2018).
È stato ritenuto, invece, sussistente:
- un conflitto tra i doveri di un appartenente alle Forze dell'Ordine e quello di riservatezza che discende dalla frequentazione di uno studio legale per l'effettivo svolgimento del tirocinio professionale. E ciò in considerazione del fatto che tale categoria di dipendenti pubblici si differenzia dalle altre e non consente di distinguere l'attività di servizio da quelle di altro genere (parere CNF n. 34/2012, n. 20/2012, richiamati da parereCNF, n.7/2019, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=68998 );
- un'incompatibilità tra l'attività di mediatore immobiliare e l'esercizio della professione di avvocato in quanto il contestuale svolgimento delle due attività sarebbe in contrasto con i doveri di indipendenza e di decoro della professione forense. In queste ipotesi viene disposta la cancellazione del professionista dall'albo se l'attività forense è esercitata in modo continuativo, ovvero la comminazione di una sanzione disciplinare se esercitata in modo occasionale (parere CNF n. 112/2016, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=34725 );
- un'incompatibilità tra la carica di amministratore unico di una s.r.l. e l'iscrizione all'albo professionale, anche se tale società non ha finalità lucrativa. E ciò in quanto tale finalità non rileva a fronte della attività commerciale svolta da una società di capitali qual è la s.r.l. (Cass. civ. Sez. Unite, n. 14131/2018).
Note:
[1] Art. 1 Codice deontologico forense: «L'avvocato 1. L'avvocato tutela, in ogni sede, il diritto alla libertà, l'inviolabilità e l'effettività della difesa, assicurando, nel processo, la regolarità del giudizio e del contraddittorio. 2. L'avvocato, nell'esercizio del suo ministero, vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell'Ordinamento dell'Unione Europea e sul rispetto dei medesimi principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, a tutela e nell'interesse della parte assistita. 3. Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale».
[2] Art. 6 Codice deontologico forense: «Dovere di evitare incompatibilità 1. L'avvocato deve evitare attività incompatibili con la permanenza dell'iscrizione all'albo. 2. L'avvocato non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense».
[3] Art. 20 Codice deontologico forense «1. La violazione dei doveri e delle regole di condotta di cui ai precedenti articoli e comunque le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta imposti dalla legge o dalla deontologia costituiscono illeciti disciplinari ai sensi dell'art. 51, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247. 2. Tali violazioni, ove riconducibili alle ipotesi tipizzate ai titoli II, III, IV, V e VI del presente codice, comportano l'applicazione delle sanzioni ivi espressamente previste; ove non riconducibili a tali ipotesi comportano l'applicazione delle sanzioni disciplinari di cui agli articoli 52 lettera c) e 53 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, da individuarsi e da determinarsi, quanto alla loro entità, sulla base dei criteri di cui agli articoli 21 e 22 di questo codice».
Art. 51 Legge n. 247/2012: «1. Le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta dettati dalla legge o dalla deontologia sono sottoposte al giudizio dei consigli distrettuali di disciplina [...]».
[4] Art. 18 Legge n. 247/2012: «La professione di avvocato è incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l'esercizio dell'attività di notaio. È consentita l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro; b) con l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa; c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L'incompatibilità non sussiste se l'oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico; d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato»
[5] Art. 19 Legge n. 247/2012: «Eccezioni alle norme sulla incompatibilità 1. In deroga a quanto stabilito nell'articolo 18, l'esercizio della professione di avvocato è compatibile con l'insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell'università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici. 2. I docenti e i ricercatori universitari a tempo pieno possono esercitare l'attività professionale nei limiti consentiti dall'ordinamento universitario. Per questo limitato esercizio professionale essi devono essere iscritti nell'elenco speciale, annesso all'albo ordinario. 3. È fatta salva l'iscrizione nell'elenco speciale per gli avvocati che esercitano attività legale per conto degli enti pubblici con le limitate facoltà disciplinate dall'articolo 23».
[6] Art. 41, comma 4, Legge n. 247/2012: «Il tirocinio può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato pubblico e privato, purché con modalità e orari idonei a consentirne l'effettivo e puntuale svolgimento e in assenza di specifiche ragioni di conflitto di interesse».
[7] Art. 20, comma 1, Legge n. 247/2012: «Sono sospesi dall'esercizio professionale durante il periodo della carica: l'avvocato eletto Presidente della Repubblica, Presidente del Senato della Repubblica, Presidente della Camera dei deputati; l'avvocato nominato Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Viceministro o Sottosegretario di Stato; l'avvocato eletto presidente di giunta regionale e presidente delle province autonome di Trento e di Bolzano; l'avvocato membro della Corte costituzionale o del Consiglio superiore della magistratura; l'avvocato eletto presidente di provincia con più di un milione di abitanti e sindaco di comune con più di 500.000 abitanti».
[8] Art. 3 Legge n. 247/2012: «1. L'esercizio dell'attività di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale. L'avvocato ha obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non abbienti.
2. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.
3. L'avvocato esercita la professione uniformandosi ai principi contenuti nel codice deontologico emanato dal CNF ai sensi degli artt. 35, comma 1, lettera d), e 65, comma 5. Il codice deontologico stabilisce le norme di comportamento che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, specificamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri avvocati e con altri professionisti. Il codice deontologico espressamente individua fra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza disciplinare. Tali norme, per quanto possibile, devono essere caratterizzate dall'osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono contenere l'espressa indicazione della sanzione applicabile [...]».