Si è tenuta il 22 settembre scorso, a Roma, la seconda giornata di lavoro programmata dal Congresso Nazionale Forense, nel corso della quale sono stati resi pubblici i risultati dell'indagine sull'esperienza e sul ricorso alla figura professionale dell'Avvocato da parte delle imprese del terziario in Italia.
L'indagine - effettuata con la collaborazione scientifica dell'ufficio del Dr. Mariano Bella, responsabile del Centro Studi di Confcommercio imprese per l'Italia e con Format Research -, è stata condotta su un campione (1.600 casi) statisticamente rappresentativo delle imprese italiane nel settore del terziario - con l'esclusione del settore finanziario e dei liberi professionisti - e ricalca in parte quello già condotto dal Censis, dal quale, però, si discosta per la platea dei destinatari dello studio: quello del Censis è stato basato sulle risposte fornite dagli avvocati, mentre quello svolto dall'OCF analizza il fenomeno dal punto di vista degli imprenditori.
Le domande sottoposte agli intervistati sono state finalizzate a valutare la frequenza del ricorso alla figura del legale da parte delle imprese, la tipologia di consulenza ricevuta (se giudiziale o stragiudiziale), il livello di soddisfazione.
Quanto ai risultati, dall'indagine,è emerso che quasi il 30% degli imprenditori intervistati, non ha mai fatto ricorso al legale, in particolare le nuove imprese, costituite da meno di cinque anni, con addetti da 1 a 10.
Peraltro, tra gli imprenditori ch si sono rivolti al legale, l'81% ha dichiarato di preferire gli studi legali di piccole dimensioni, dato, questo, che va in controtendenza rispetto all'attuale convinzione che il nuovo (e più competitivo) modello di studio legale sia quello associato.
Quanto alla tipologia del rapporto, dall'indagine è emerso che tra le imprese che si sono servite del legale, il 53% ha un proprio legale di riferimento con un rapporto di fiducia, il 20% ha un legale di riferimento, ma si serve anche di pareri esterni, mentre il 24,5% ha dichiarato di non avere un legale di riferimento, ma di servirsi di diversi legali in base alle esigenze del momento.
Quanto ai canali di conoscenza del legale, il 31% ha dichiarato di essersi fatto consigliare nella scelta da altri consulenti, il 31% di essersi rivolto a familiari, la restante parte ha utilizzato il passaparola di amici e conoscenti o, in minima parte (il 4,7% dei casi) i canali social.
Circa le strategie di utilizzo, dallo studio risulta che, negli ultimi 10 anni, fra le imprese che si sono servite di un legale, l'88,9% ne ha fatto ricorso per una consulenza e assistenza su aspetti organizzativi, commerciali e finanziari, il 27% ne ha fatto invece ricorso per la gestione di un contenzioso civile.
Dunque, in base ai dati, è la consulenza preventiva e non il contenzioso la principale necessità che spinge le imprese a rivolgersi al professionista legale.
Gli ambiti per i quali viene richiesta la consulenza, sono soprattutto quello relativo ai contratti commerciali, alle questioni concernenti la privacy, alle questioni fiscali e tributarie, al recupero crediti.
Circa il costo delle consulenze, la principale forma di remunerazione per l'assistenza legale nei diversi ambiti dell'impresa è risultato essere il corrispettivo tariffario sulla base del servizio (60%), il 23% sulla base del beneficio economico, per il 17% in base ad un'apposita convenzione, solo l'8% su base oraria.
Quanto alla relazione degli avvocati con le imprese, oltre la metà delle imprese che hanno usufruito della consulenza per aspetti organizzativi (63,5%) ha definito il proprio legale come un professionista "a chiamata", che si occupa di questioni solo quando occorre e si rapporta solo con i titolari dell'impresa, solo il restante 36,5% reputa il legale un punto di riferimento all'interno dell'organizzazione.
Delle imprese coinvolte nei contenziosi, il 63% ha dichiarato di aver gestito e risolto la controversia facendo ricorso soltanto a forme di risoluzione alternativa, su consiglio del legale, mentre ben il 31% ha affermato di aver fatto ricorso sia alla causa civile, che a forme di giustizia alternativa, infine, solo il 5% ha fatto ricorso solo alla causa civile.
Quanto alla struttura della giustizia complementare, per gestire la relativa istanza le imprese si sono rivolte per il 90,5% agli Organismi abilitati, per il 9% alle Camere arbitrali e solo per lo 0,5% alle camere arbitrali presso le CCIA.
Il 73% delle imprese che hanno fatto ricorso alla giustizia complementare sono rimaste soddisfatte di questa forma di risoluzione delle dispute. Motivo della soddisfazione, i risultati ottenuti e la breve durata della procedura, al contrario, la riduzione dei tempi e la diminuzione dei costi complessivi sono i principali aspetti di miglioramento richiesti dalle imprese rimaste insoddisfatte.
Sugli scenari futuri, dall'indagine è emerso che per il 56,3% delle imprese, nei prossimi anni l'assistenza legale assumerà un ruolo progressivamente meno essenziale, circoscritto ai possibili contenziosi; al contrario, per il 43,7% degli imprenditori interpellati, la consulenza legale avrà un ruolo sempre più integrato e proattivo all'interno della struttura aziendale.
Secondo quanto affermato dal relatore, lo studio rappresenta una base di partenza importante per orientare le scelte di riforma della legge professionale: solo conoscendo cosa la società vuole dall'avvocatura, si potrà ridisegnare la nuova figura di avvocato, orientare i giovani avvocati e riformare la legge professionale.
Per il coordinatore dell'OCF, lo studio offre un angolo di visuale soprattutto nella logica di impostazione del prossimo congresso nazionale forense per la seconda area, ossia quella concernente il rapporto con la giurisdizione, con l'ordinamento giudiziario, con la società e con l'ordinamento giuridico.
In ogni caso, secondo quanto affermato sempre dal coordinatore, dallo studio emerge da subito un dato evidente: che la giustizia complementare è lo strumento più idoneo per entrare nelle imprese, ed è pertanto da tale dato che occorre prendere le mosse per individuare il futuro dei servizi legali, per individuare i settori verso i quali si orienterà il mercato ed in relazione ai quali occorre programmare la formazione.